La Somalia cede e apre la porta al circolo vizioso della dipendenza estera USA

Berbera sarà sotto il controllo operativo esclusivo degli Stati Uniti. E insieme al suo porto e alla sua base strategica, saranno sotto controllo statunitense anche Baledogle e Bosaco, rispettivamente nel sud-ovest e nel nord-ovest dalla capitale. Almeno per ipotesi, secondo quanto emerso in una bozza datata 16 marzo 2025, in cui il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud ha dichiarato che il Paese sarebbe aperto a concedere agli USA aree strategiche nella regione del Putinland.
Una proposta a doppio vantaggio, anche se sempre americano a contrappeso maggiore, che migliorerebbe la presenza statunitense nel Corno d’Africa e rafforzerebbe la legittimità del governo federale somalo. Il comune denominatore, Berbera, però, si trova nella regione separatista del Somililand, autoproclamatesi indipendente nel 1991, ma non riconosciuta a livello internazionale. Questa concessione da parte del governo federale somalo ha dunque riacceso la questione della sovranità della regione separatista che si oppone ad ogni collaborazione con Berbera che non passi per la sua negoziazione diretta con gli USA, e di cui rivendica il diritto.
Somaliland separatista e la cicatrice del colonialismo
La Somalia vanta due problemi principali interni: il terrorismo e le tendenze separatiste. Se, in Asia, la Cina ha fatto da spartiacque nel riposizionamento post-coloniale regionale, riemergendo a gran luce dal tradizionalismo confuciano a cui si imputava la sua debolezza e sottomissione ai “barbari”,diventando la guida rivoluzionaria dei non-allineati(non europei), in Africa la coscienza post-coloniale non si è risvegliata allo stesso modo.
La determinazione di Paesi come Giappone e India di affermarsi nell’ordine mondiale è stata più decisa e rapida rispetto al continente africano. Qui l’indipendenza è arrivata più tardi e in modo più disorganizzato, spesso accompagnata da conflitti interni causati dalle diversità etniche e tribali corrisposte da un tracciamento di confini arbitrari in nome di competizioni imperialiste.
Il motivo per cui alcuni Paesi africani come la Somalia soffrono ancora oggi di una forte debolezza istituzionale è da rintracciare in uno status sentito ancora come coloniale. La percezione di essere tutt’ora una potenza satellite ha in parte impedito la formazione di una coscienza nazionale unitaria e ha aumentato la dipendenza estera.
In questo panorama si inserisce la concessione del governo federale somalo agli USA che, in questo momento storico, detengono lo “scettro” della politica internazionale, e la questione separatista del Somaliland. La Somalia centrale, sta infatti tentando di attrarre investimenti e migliorare le proprie relazioni commerciali in antitesi con il Somaliland. La prima tenta di stabilire la propria legittimità cercandola al di fuori di uno spazio nazionale; il secondo, in risposta all’aggressivissimo coloniale e post-coloniale, tenta di ricalibrarsi su un’idea di affermazione indipendente.
La religione come principio ordinatore dal Medio Oriente all’Africa
La questione del terrorismo appartiene, invece, al vento medio-orientale che è trasmigrato raggiungendo il Corno d’Africa per vicinanza regionale. In Medio Oriente, la religione è elevata a principio ordinatore poiché considerata capace di risolvere problematiche interne e dunque una valida alternativa allo strumento politico.
Il terrorismo in Somalia si realizza come la risposta aggressiva di un governo parte del paese che respinge il colonialismo in maniera violenta. Ha il nome di Al-Shabaab ed è uno dei problemi che preoccupano maggiormente Mogadiscio e che lo spingono, in parte, a guardare all’aiuto americano.
Si tratta di un’organizzazione terroristica islamista con legami con Al-Qaeda. Sebbene non abbia rapporti diretti con l’Iran – uno stato a maggioranza sciita, mentre Al-Shabaab è principalmente sunnita – Tehran ha un suo interesse in essa. La necessità di aumentare la propria influenza geopolitica, lo ha storicamente spinto a supportare gruppi sunniti e sciiti per destabilizzare l’influenza occidentale, in particolare statunitense.
La questione terroristica in Somalia è di grande rilevanza nella misura in cui la sua esistenza aumenta la debolezza del governo centrale somalo e la possibilità che l’Iran o altri prendano il sopravvento. Avere a propria disposizione gli accessi commerciali e militari somali interessa agli Stati Uniti nella competizione nucleare con l’Iran e nell’essenza strategica che riconosce al Mar Rosso.
Deterrenza all’Iran
Stati Uniti e Iran hanno idee diverse di ordine. L’ordine di Trump è pragmatico, rimasto ad un’idea di supremazia unipolare che è stata scardinata dagli scenari geopolitici aperti dalla bomba atomica. La realtà storica però suggerisce che altre nazioni sono ascese a potenze internazionali, in parte per la diffusione degli armamenti nucleari, in parte per il decentramento delle dinamiche geopolitiche, non più europee.
L’Iran, da parte sua, vuole partecipare, come tutti quei Paesi – Cina inclusa – che in passato non sono stati inseriti nell’ordine globale perché non considerati sullo stesso livello. E a onor del vero ora può permetterselo. Un ordine che pretende, con il vizio di forma della globalizzazione – la volontà di esservi inseriti e quella di non poterne uscire – l’adeguamento dei “nuovi ” a delle regole che non hanno deciso e sulle quali vogliono, e ora possono, dire la propria.
Il problema tra Tehran e Washington è un’incomprensione di base che le trova a sfidarsi su campi esterni e su questioni apparentemente distanti negli interessi, ma di fatto necessarie alla loro affermazione internazionale. Ahimè in questo la Somalia è rimasta a quando era il terreno di gioco di altri e strumento per la “grande politica”. Sicuramente trova interessi nella collaborazione con l’America, ma la sua è un prestarsi al circolo vizioso della dipendenza estera piuttosto che una possibilità di modernizzarsi, sul modello giapponese del XIX secolo, per competere con gli adulti, che poi adulti non sono più tanto.