Hopper Drawing: esplorazioni artistiche nel silenzio del reale.

Il disegno come base per la costruzione pittorica. Il disegno come mezzo per esplorare il mondo nelle sue diverse declinazioni e sfumature. Il disegno per studiare noi e gli altri.
Il Whitney Museum di New York City propone allo spettatore la visione di un inedito Edward Hopper in quella che può definirsi la più esaustiva presentazione di disegni autografi dell’artista: Hopper Drawing. La mostra che occuperà fino al 6 ottobre 2013, il terzo piano della nota sede museale statunitense, celebra l’artista attraverso più di 200 opere tra disegni, schizzi preparatori, studi ed opere pittoriche con il fine ultimo di mostrare ad un vasto pubblico la parte più privata del processo artistico, quello creativo, dove l’idea si trasforma in segno, in immagine ed, infine, in fotografia pittorica della reale. I lavori esposti, che coprono l’intera carriera di Hopper dagli esercizi durante gli anni da studente fino agli ultimi dipinti realizzati (Empty Room, 1963) permettono, nella maniera più semplice ed intuitiva possibile, di osservare da vicino l’evoluzione e la combinazione di reale ed immaginato cogliendone le affinità e le differenze. Come ha, del resto, sottolineato più volte il curatore Carter E. Foster, il materiale permette di intuire, nelle sue tematiche costanti, una sorta di tessuto per così dire connettivo che ha permesso ad Hopper di rivedere e successivamente reinterpretare le idee artistiche (ma non solo quelle) del suo tempo.
Partendo dall’accezione di pittura del silenzio che è stata più volte attribuita ai suoi lavori, il visitatore può notare come tale disarmante ed inquietante quiete venga riproposta nella sala: luce fredda, superfici biancastre, spazi geometrici e puliti; ecco, allora, che è la stessa scelta di allestimento a permettere, in un minimalismo quasi esasperato, di sentire il silenzio parlare attraverso le opere esposte, opere nelle quali i neri dei gessi, dei carboncini, della matita si alternano, quasi controvoglia, ai colori brillanti dell’olio su tela.
Hopper immortala, in quelli che sembrano fotogrammi, spiragli di un epoca, il XX secolo, dove la chiassosa apparenza rivela una solitudine interiore che sfocia all’esterno inghiottendo tutto ciò che trova. Atmosfere rarefatte, quasi metafisiche, come lo stesso Breton aveva avuto modo di notare attorno agli anni Quaranta, nelle quali centrale è la costruzione spaziale a stesura cromatica piatta: noi, uomini, semplici ornamenti silenziosi, quasi fantocci privi di emotività, prigionieri in uno spazio che assomiglia sempre più ad un palcoscenico (si vedano ad esempio New York Movie del 1941), estranei che guardano estranei intenti a vivere quotidianamente (Nighthawks, 1942).
La maestria dell’artista statunitense emerge, in questa esposizione, con una delicatezza inaudita: non un’imposizione ma una docile constatazione, ferma presa di consapevolezza riguardo al suo genio creativo e alla sua, nonostante tutto e tutti, attualità (mostrare il quotidiano rendendolo eccezionale, tematica che si ricollega senza troppi problemi all’odierna questione dei reality shows).
Hopper drawing non è, e non potrà mai essere, conseguentemente, una mostra sterile basata esclusivamente su un rendiconto economico, ma è una mostra di ricerca, una esposizione che illumina, addetti ai lavori e non, non solo sulla centralità del disegno all’interno della intera produzione dell’artista, ma anche sulla contemporaneità del suo linguaggio e del suo vedere. Ecco, allora, che osservando attentamente, ma cosa rara, anche distrattamente, i lavori in mostra, con particolare riguardo verso le parti dedicate al confronto tra originale e studi/bozzetti, si arriva a comprendere pienamente la poetica artistica di Hopper: la convivenza, utilizzando una terminologia cara all’artista, del fatto (realtà) con l’improvvisazione (immaginazione), unione che avveniva durante una lunga e lenta gestazione creativa che rivela uno sguardo sensibile. Hopper drawing permette di vedere Hopper e rapportarsi a lui con lo stesso sentimento con il quale lui si rapportava al mondo, rappresentandolo nell’inquietante solitudine che ci appartiene, trattando il reale come il fantastico ed il fantastico come il reale.
Didascalia immagine.
Edward Hopper (1882–1967). Study for Nighthawks, 1941 or 1942.Fabricated chalk and charcoal on paper; 11 1/8 x 15 in. (28.3 x 38.1 cm). Whitney Museum of American Art, New York; purchase and gift of Josephine N. Hopper by exchange 2011.65.
Scheda tecnica.
Hopper drawing, fino al 6 ottobre 2013, terzo piano (Peter Norton Family Gallery), Whitney Museum of American Art, 945 Madison Avenue, New York.
Orari: 11.00 am – 6.00 pm mercoledì, giovedì, sabato e domenica ; 11.00 – 9.00 pm venerdì; chiuso lunedì e martedì.
di Giulia Jurinich
25 settembre 2013