Veleno: una storia vera, di Pablo Trincia
Questa è una storia che ti entra sotto la pelle, ti scotta, ti brucia e non ti abbandona più. Una storia vera, raccontata prima in forma di podcast e successivamente trascritta in molte pagine, trasformandosi nel romanzo edito da Einaudi “Veleno, una storia vera” scritto dal giornalista Pablo Trincia.
Veleno
Quando si utilizza questo termine, la mente proietta subito un’immagine di qualcosa che ha intrinsecamente dentro di sé il concetto di pericoloso. Qualcosa che scatena un timore, una paura e la voglia di scappare il più lontano possibile.
Associare questo termine all’infanzia suona già un po’ strano, particolare, anzi quasi sbagliato. Nel momento in cui però un bambino viene avvelenato da un contatto sbagliato, malato, pericoloso, allora proprio quel veleno si irradia nelle sue vene, lo fa marcire dentro e lo rovina per sempre.
Pablo Trincia affronta in questo libro la storia del caso di cronaca di cui potete leggere una recensione alla serie podcast qui, la quale sconvolse l’Italia stessa, il caso dei “Diavoli della Bassa Modenese”: tra il 1997 e il 1998,16 bambini vennero allontanati improvvisamente dai propri genitori, dalle proprie famiglie, senza preavviso. Prelevati dalle loro case, dai loro giochi, dai loro affetti più grandi, per non farci ritorno mai più. Genitori, parenti, zii e cugini loro vennero accusati di pedofilia e di compiere riti satanici, nonché di vendere (in alcuni casi) i propri figli ad amici e conoscenti, a scopi sessuali.
Dario, il bambino zero
Come giustamente l’autore di questo libro prova a spiegare, come nelle pandemie in cui c’è il cosiddetto “paziente zero”, anche in questo fatto di cronaca nera è stato individuato quello che è stato soprannominato “il bambino zero”.
Il suo nome è Dario, ma questo è già di per sé stesso un nome di pura invenzione: Dario ha grandi occhi sinceri, capelli chiari e un viso dolce e nasce in una famiglia afflitta da gravi problemi economici.
Per questo principalmente era stato affidato dai servizi sociali di Mirandola ad un’altra famiglia della zona, alla quale lui si affeziona velocemente, pur facendo visita frequentemente alla sua famiglia di origine.
Dopo aver trascorso una giornata con la sua mamma naturale, un giorno tornò a casa un po’ triste e pensieroso e bastò quello agli assistenti sociali e alla prima madre adottiva di Dario per pensare e ipotizzare che il bambino potesse essere stato vittima di abusi in famiglia.
Da lì si aprirono i colloqui con gli assistenti sociali, con la psicologa Valeria Donati: 8 ore di colloqui con un bambino di 7 anni, che come ha rivelato in esclusiva il principale protagonista il cui vero nome non è Dario, ma Davide al quotidiano Repubblica:
“La psicologa e gli assistenti sociali mi martellavano fino a quando non dicevo quello che volevano sentirsi dire. Io avevo anche paura che, se non li avessi accontentati, sarei stato abbandonato dalla mia nuova famiglia, e così inventai. Inventai tutto. Abusi e cimiteri, violenze e riti satanici. Ora ho trovato finalmente il coraggio di dire la verità”.
Le altre vittime
Dario dunque comincia a tirare fuori nomi di bambini, suoi compagni durante lo svolgimento di questi rituali notturni, svolti nei cimiteri sotto la guida dei loro genitori e di un prete molto conosciuto, amato e rispettato di Massa Finalese.
Saranno proprio quei bambini che spaventati e privati delle loro mamme e dei loro papà, cominceranno a raccontare agli psicologi e agli assistenti sociali alcuni dei più spaventosi racconti dell’orrore, andando a coinvolgere zii, genitori, fratelli, cugini e anche semplici conoscenti come possono essere i più classici degli amici di famiglia.
Nessuno ha visto nulla, in un paese così piccolo in cui si conoscono tutti? Nessuno ha sentito i rumori, le urla o i pianti di bambini piccoli, costretti in alcune bare e chiusi lì dentro per tempi prolungati? Nessuno ha visto bambini sporchi di sangue di gatto, lo stesso gatto che alcuni di loro hanno rivelato di essere stati costretti a uccidere?
Mentre le domande si accavallano e partono i due processi, che porteranno alla condanna di molti genitori, madri e padri, al suicidio di una madre che non poteva più reggere la pubblica umiliazione, queste famiglie vengono sempre più spezzate, alla fine per sempre e quei bambini nel frattempo sono cresciuti, sono diventati adolescenti, poi ragazzi e infine adulti.
Alla fine alcuni di loro hanno deciso di riaprire questo doloroso capitolo delle loro vite, che rimarranno per sempre rotte e scalfite da un evento doloroso, ma affrontando quella che era la verità sepolta dentro di loro. Così ha fatto Dario/Davide, così hanno fatto molti loro: questo è il resoconto di Pablo Trincia, che entra nella pelle e che rimane lì per sempre.