Damien Hirst: la linea sottile tra arte e marketing

Torniamo a parlare di arte social: è il turno di Damien Hirst il quale, durante il lockdown, ha utilizzato il profilo Instagram per comunicare con i suoi fan e per vendere il suo operato, il cui ricavato è andato in beneficenza al sistema sanitario britannico. Il celebre artista ha anche stabilito una partnership con Snapchat a sostegno di Partners in Health, associazione che fornisce assistenza sanitaria alle comunità nei paesi in via di sviluppo colpite dal Coronavirus. Grazie alla collaborazione con l’app, è possibile fare una donazione e poi personalizzare, tramite la realtà aumentata, degli Spin Painting – creati versando il colore su una superficie roteante formando così trame ed effetti diversi.

Social media art
Abbiamo già parlato dell’uso dei social nell’arte, come nel caso di Miltos Manetas che, lo scorso 11 maggio, inaugurava @condizioneassange, una mostra tutta virtuale sul canale Instagram creato appositamente, in collaborazione con Palazzo delle Esposizioni. L’artista aveva organizzato una sorta di give away in cui regalava i suoi ritratti al primo che li richiedesse, tramite un semplice commento su Instagram o Facebook. Un gesto simile viene organizzato da Damien Hirst in occasione della fase 2 del periodo di pandemia: regalare sette magliette usate per dipingere al “best comment about hope”. Ma non finisce qui, l’artista sceglie di donare in beneficenza alla sanità inglese il ricavato della vendita delle opere Butterfly Rainbow e Butterfly Heart, coloratissime e piene di speranza ed eseguite durante il periodo di quarantena. La raccolta fondi è a beneficio del The Felix Project con Evening Standard, che di occupa della distribuzione di cibo a Londra per chi ne ha bisogno. Le due opere sono digitali e in edizione limitata, con la firma originale dell’artista e sono acquistabili sul sito HENI Editions con un prezzo tra le 300 e le 1000 sterline. Possiamo quindi parlare di un vero e proprio fenomeno che si va via via affermando sempre di più, soprattutto dopo il periodo di isolamento dovuto al virus: l’utilizzo dei social come i principali canali di comunicazione per diffondere e incrementare la cultura. I musei e le istituzioni culturali portano avanti queste modalità da un po’, rivolgendosi al pubblico tramite piattaforme online per divulgare iniziative e progetti. Quello di cui parliamo ora però, è ancora un altro tipo di condivisione, potremmo chiamarla social media art: l’iniziativa intrapresa dal singolo artista per diffondere le proprie opere, rendendole spesso gratuite e altamente fruibili, senza più bisogno di uno spazio fisico come la galleria o le sale museali.

Le polemiche passate
Le due opere create e condivise online dal famoso artista britannico hanno come immagini di fondo un tema a lui molto caro: le farfalle. Ricordiamo tutti l’esposizione di cui tanto si parlò, In and Out of Love (Tate Modern, Londra, 2012) in cui l’utilizzo di 9000 lepidotteri, molti dei quali rimasero uccisi durante le 23 settimane di esposizione, fece insorgere le più grandi associazioni animaliste inglesi contro lo sfruttamento degli animali per sole ragioni artistiche. Hirst è infatti noto per una serie di lavori in cui l’utilizzo degli animali è un must: corpi imbalsamati di squali tigre con The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living (1991) o pecore immerse nella formaldeide, come per la mostra Icastica ad Arezzo del 2014 o ancora la decorazione della bicicletta da corsa di Lance Armstrong per il Tour de France nel 2009, per la quale aveva incollato ali di farfalle che lui stesso staccò dai corpi degli insetti. A questo punto sorge spontanea una domanda, applicabile in moltissimi casi, soprattutto quando si parla di arte contemporanea oggi: fino a che punto l’arte può definirsi tale? Ma soprattutto: quand’ è che la forza del messaggio supera i limiti dell’etica?