Metropoli. I varchi spazio-temporali di Gabriele Basilico

Metropoli, le traiettorie attraversate da Gabriele Basilico
Nella autobiografia titolata Architetture, città, visioni, Gabriele Basilico inizia il suo lungo viaggio alla (ri)scoperta di se stesso concentrandosi su un elemento chiave della sua arte: il tempo.
Al tempo in cui egli realizzava i primi scatti fotografici, infatti, il mestiere del fotografo non godeva della legittimazione professionale – e forse anche culturale – di cui si è abituati oggi.
Era la metà degli anni ’60 ed il giovane Gabriele frequentava la facoltà di architettura al Politecnico di Milano. La straordinaria stagione del Sessantotto era alle porte ma nell’aria si respirava già buona parte di quel fervore che di lì a breve avrebbe letteralmente portato l’immaginazione al potere.
Basilico intercettava questo clima assistendo alle lezioni del professor Aldo Rossi, ma anche scoprendo il lavoro di architetti affermati del calibro di Giò Ponti.

In quel periodo, il ragazzo si avvicinava anche alla fotografia e restava ammaliato dall’opera di autori formidabili come l’americano Walker Evans. Per non parlare di Bill Brandt, la cui serie di scatti Shadow of Light rappresenta un’influenza imprescindibile per il futuro fotografo milanese.
Un decennio dopo Basilico è ormai un autore consapevole, pronto a pubblicare il suo primo catalogo fotografico.
L’opera in questione è Milano ritratti di fabbriche, una lunga indagine condotta tra il 1978 ed il 1980 tra gli edifici industriali che costellavano la periferia milanese di quel periodo.
Metropoli al Palazzo delle Esposizioni parte proprio da qui. Dall’inizio. Per celebrare un autore italiano che ha saputo fare delle interconnessioni la sua cifra stilistica, del reportage il suo linguaggio privilegiato.
Con Metropoli Gabriele Basilico torna al Palazzo delle Esposizioni
L’approdo di Gabriele Basilico al Palazzo delle Esposizioni parte da lontano. Ed asseriamo ciò almeno per due motivi. Il primo è che la galleria di Via Nazionale aveva già esposto gli scatti del fotografo milanese in occasione del lancio di Roma 2007, progetto interamente dedicato alla Capitale. Il secondo motivo è che questa retrospettiva, incentrata sull’evoluzione delle Metropoli in giro per il mondo, si collega agilmente – ed idealmente – alla precedente esposizione fotografica ospitata nelle stanze del Palazzo, ovvero Paradise Garage di Jeff Bark.
Se però in quel caso la città di Roma presenziava per vie indirette, come fonte d’ispirazione evergreen, nella retrospettiva odierna lo skyline capitolino si afferma definitivamente come brand.

Certo, le geometrie rintracciate da Basilico denunciano un’ interferenza inevitabile col passato, soprattutto nella serie di immagini che recuperano la monumentalità cittadina attraverso il filtro di Giambattista Piranesi.
È innegabile però che, confrontando le diverse stagioni dell’autore, riflettendo sul processo di sedimentazione dell’esperienza – e quindi sul tempo che intercorre tra una serie e l’altra – il vero filo conduttore che attraversa ogni singola visione è quello che lo stesso autore definisce come ipervisibilità. Il tempo diventa allora un alleato prezioso nella definizione dell’immagine e Basilico lo sfrutta con una sempre maggiore consapevolezza. La materia immortalata dal suo obbiettivo è mutevole più che mai e restituisce allo spettatore l’ambiguità di fondo alla base di ogni fotografia: la sua falsa natura razionale.

La luce modellata dal tempo è per Basilico un elemento cardinale nel processo di riscrittura delle mutazioni, un aspetto scenico in grado di elaborare su pellicola le diverse fasi di un cambiamento.
Come nella sezione dedicata a Beirut, dove le rovine di una città in guerra testimoniano al contempo i fasti di una civiltà antica e le brutture di un conflitto contemporaneo (ed allora, superlativo è il “ponte” con le litografie di Piranesi).
Del resto: «sembra che la fotografia abbia il potere di guardare oltre, o di pensare di rappresentare in sovrimpressione passato e presente contemporaneamente». Parola di Gabriele Basilico.