The Airbnb Effect: come il colosso immobiliare stravolge i centri delle grandi città
Quando andiamo in vacanza ci si sente un po’ come Morrissey in Spent the Day in Bed. Quello stigma sociale di uno stile di vita lassista, che – anche per un breve periodo, con le tanto agognate ferie – si è felici di condurre. In grado di combattere con sicurezza le aspettative della società sulla nostra routine quotidiana, la vacanza porta a galla quella spavalderia nel sottrarsi alle norme sociali che impongono la rigida attenzione all’abitudine del lavoro. I spent the day in bed/I’m not my type/But I love my bed: è come se alla calma, alla tranquillità non fossimo in realtà abituati, come se i ritmi della nostra esistenza richiedessero sempre un dispendio così elevato di energie mentali e fisiche che – pur andando in vacanza – ci continuiamo a portare addosso, non riuscendo più a discernere la pausa dall’azione.
Succede anche che sempre più si cercano vacanze last minute, organizzate senza attesa – che è una componente fondamentale del desiderio di staccare dalla routine, il famoso conto alla rovescia – e pertanto si perde anche quella dimensione delle ferie intese come periodo dell’anno. Si cerca di spezzettarle, affittando un appartamento, una stanza per soggiorni brevi, talvolta brevissimi. Giusto per fare quella storia su Instagram che confermi socialmente la tua presenza fuori dalla città nella quale lavori, per dire anche un po’ egoisticamente “guardate adesso dove mi trovo”.
Di questo problema c’è anche un risvolto sociale ma soprattutto politico da non sottovalutare: nell’ambito del turismo di massa, le piattaforme digitali si sono progressivamente affiancate alle modalità tradizionali di alloggio. Airbnb è la società (statunitense) leader nel settore, che si è affermata come piattaforma per alloggi di breve termine. 750 sono i milioni di utenti che annualmente sono ospiti in più di 7 milioni di abitazioni sparse in circa 100mila città nel mondo. Sono numeri impressionanti, pensando anche al fatto che Airbnb si pone come immagine riflessa di moltiplicatore effettivo di opportunità economiche per molti soggetti terzi. Luoghi che fino a poco tempo fa non erano proprio definibili come “di villeggiatura”, oggi sono selezionati e vanno a ruba su Airbnb o piattaforme similari. Il grave risvolto della medaglia è il chiaro fatto che questa dinamica collide in modo preoccupante con il mercato immobiliare, gravando sui costi delle economie urbane. È logico che più un luogo è richiesto, più aumenta il valore in termini economici, a danno di residenti stabili e affittuari.
In effetti, il cosiddetto Airbnb effect va a braccetto con la dinamica della gentrificazione: secondo l’esperto del settore Francesco Chiappini (Ecommerce School Management) l’offerta abitativa si riduce, aumentando i prezzi medi per gli affitti, attraverso il modello della conversione (da longterm a short-term) e della hotellizzazione, in cui il mercato concede importanti incentivi ai proprietari di immobili che intendono affittare a terzi, permettendo loro di preferire la strada degli affitti brevi.
Per dare l’idea di questa grande problematica c’è un esempio concreto: a fine giugno, il sindaco di Barcellona, Jaume Collboni, ha dichiarato che la città smetterà di dare nuove licenze e non rinnoverà quelle esistenti, in modo che nel 2029 nessuna casa potrà essere messa sul mercato degli affitti per vacanze. Da quell’anno, insomma, per visitare la città catalana sarà necessario prenotare una stanza di hotel. Il motivo? Il prezzo di un affitto medio nella città catalana si è moltiplicato del 68% rispetto a dieci anni fa, mostrando la città all’estero come una tra quelle più in difficoltà riguardo la crisi abitativa.
Barcellona non è, comunque, che l’ultimo caso. New York, ad esempio, nel 2023 ha introdotto la Local Law 18, che impone agli host di Airbnb di aderire a tre condizioni: il proprietario deve vivere nella casa messa in affitto; deve essere in città durante il periodo di affitto; non può ospitare più di due ospiti per volta. L’introduzione della legge ha fatto scendere l’offerta da 22.500 appartamenti sulla app a 3.227. Vienna e Berlino, dal canto loro, hanno invece introdotto un “cap” massimale di notti consecutive (tra le 90 e 120 notti, non così stringenti effettivamente, ma è già qualcosa) mentre Montreal, in Canada, ha già vietato in molte zone la possibilità degli affitti a breve termine.
In sheets for which I paid, I am now laid dice l’ex frontman degli Smiths nella canzone citata in precedenza. L’importante, a questo punto, è non passare nel letto ogni giornata delle proprie ferie. Soprattutto se si è prenotato un alloggio a breve termine.