ARRIVAL | Il potere della comunicazione

Se esiste veramente qualche forma di vita sparsa chissà dove nell’Universo, speriamo sia come quella ritratta in Arrival, l’ultimo film di Denis Villeneuve presentato in concorso alla 73ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Un film di fantascienza nella sua forma più bella, dove l’incontro tra due razze significa aiutarsi, e dove a regnare non è tanto la violenza o la difesa del proprio pianeta quanto la cooperazione e l’intelletto.

Arrival comincia con un’enigmatica sequenza. Louise Banks, una rinomata linguista interpretata dalla meravigliosa Amy Adams, si prende cura della sua bambina che vediamo crescere nei suoi ricordi, mentre lentamente si ammala e muore appena adolescente. Nel presente, mentre si trova nell’università dove lavora viene raggiunta dal colonnello Weber (Forest Whitaker) che richiede il suo aiuto per riuscire a comunicare con gli extraterrestri, appena atterrati su dodici misteriose ed enormi astronavi sparse per tutto il pianeta. Arrivati sul luogo dell’atterraggio in Montana, Louise e il fisico teorico Ian Donnelly (Jeremy Renner) si recano all’interno dell’astronave e fanno il loro primo incontro con i misteriosi alieni. La dottoressa, cercando di comunicare con loro, scopre che essi adottano uno strano tipo di linguaggio composto da simboli circolari con diverse forme lungo la circonferenza, ognuno dei quali veicola un concetto piuttosto che una parola. Decisa a capire ed apprendere la nuova lingua, Louise farà una scoperta sensazionale, in grado di cambiare le sorti delle due razze per sempre.
È subito chiaro lo scopo di Arrival: lontano da tanti blockbuster fantascientifici che si sono susseguiti negli anni, il film è tutto incentrato sulla grande importanza del linguaggio. Come dice Louise stessa, il principio da cui è fiorita l’umanità e su cui si basa ogni popolo sulla Terra è proprio la comunicazione, in ogni sua forma. Sviluppando tuttavia una certa vena pessimistica (e purtroppo realista) nella narrazione, vediamo come sulla Terra la reciproca comprensione e cooperazione sia diventata impossibile: in mancanza di un leader mondiale, ogni popolo invece di collaborare decide di interrompere le comunicazioni e di agire in maniera diversa con i visitatori, arrivando addirittura a minacciare degli attacchi militari.

Così, come dodici nuovi apostoli discesi sulla Terra a diffondere il verbo, le navicelle si spargono su tutto il globo, e gli alieni si presentano all’umanità non per attaccarla, bensì per offrire una nuova “arma”: la loro lingua. Una lingua che non solo veicola un significato per ogni simbolo, ma che porta dentro di sé un segreto, un potere immenso che gli umani devono riuscire a padroneggiare.
Il film lascia lo spettatore ad interrogarsi sul perché di alcune scelte della vita, se sia giusto perseguirle o meno, se la direzione intrapresa dall’umanità ci porterà verso un futuro migliore o all’autodistruzione. Ma soprattutto, ed è questa la vera forza del film, ci lascia un quesito filosofico di ampio respiro: se fossimo in grado di conoscere il futuro, se potessimo accedere al tempo come un qualcosa di circolare, che non si muove su di una linea retta quanto piuttosto su una circonferenza, saremmo in grado di cambiare noi stessi nel presente? E più che altro, sapendo in partenza come andrà a finire qualcosa, avremmo comunque il coraggio di vivere ogni esperienza nella sua totalità, o ci precluderemmo la possibilità della gioia nel tentativo di evitare la sofferenza?

In un film in cui si da così tanta importanza al linguaggio, non si può fare a meno di non apprezzare quanto fatto a livello di linguaggio cinematografico. Denis Villeneuve ancora una volta si dimostra un grande regista, capace con il suo tocco di rendere emozionante ogni singola inquadratura. Dai campi lunghissimi sulle maestose navicelle immerse nella natura e nelle città terrestri, che svettano imponenti su tutto ciò che le circonda, fino ai primi piani su Louise negli attimi di contatto con le forme di vita extraterrestri e nei suoi flash in cui si prende cura della figlia, tutto è teso a creare una notevole tensione emotiva nello spettatore, trasportato in un’avventura alla quale è difficile dare una spiegazione, ma che non può fare a meno di vivere fino in fondo.
Bisogna inoltre rendere il giusto riconoscimento ad un montaggio visivo e sonoro di altissimo livello, in cui le visioni di Louise e la realtà si mescolano senza soluzione di continuità, in cui le voci si sovrappongono alle immagini senza sapere da dove provengano l’una o l’altra, rendendo il tutto ancora più misterioso e affascinante, e ad una colonna sonora maestosa, imponente e delicata quando serve, per la quale Jóhan Jóhansson ha già ricevuto una nomination ai Golden Globe e ai premi BAFTA.
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VOTO 8,5
Dati tecnici di Arrival
TITOLO: Arrival
USCITA: 19 gennaio 2017
REGIA: Denis Villeneuve
SCENEGGIATURA: Eric Heisserer
DURATA: 116 minuti
GENERE: fantascienza
PAESE: Stati Uniti D’America, 2016
CASA DI PRODUZIONE: FilmNation Entertainment, 21 Laps Entertainment, Lava Bear Films
DISTRIBUZIONE (ITALIA): Warner Bros.
FOTOGRAFIA: Bradford Young
MUSICHE: Jóhan Jóhansson
MONTAGGIO: Joe Walker
CAST: Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker, Michael Stuhlbarg, Tzi Ma, Mark O’Brien