RACE – IL COLORE DELLA VITTORIA – Il sapore della libertà
C’è qualcosa nello sport che sovrasta ogni immaginazione. La competizione sana, quella che non va dietro a esigenze di mercato o di business, quella che fa affrontare due o più atleti e fa dire loro “Che vinca il migliore!”, dovrebbe essere ricercata come formula magica, iniettata a ogni essere umano, perché è il culmine dell’uomo che raggiunge la perfezione.
Non è solo un fatto fisico. Un atleta sa che deve assolutamente allenarsi giorno dopo giorno per avere un risultato accettabile e poi migliorarlo sempre di più. Ma è anche una questione di spirito, di animo. Chi fa sport sa che ci sono sofferenze, rinunce, gioie e dolori che accompagneranno il viaggio verso un traguardo, un punteggio, una competizione.
Forse gli sport molto in vista, come possono essere il calcio in Italia o il baseball in America, che fanno del dio denaro la loro spinta più importante, non godono di questa aurea magica che si può trovare nelle attività meno in voga. L’atletica leggera non è solo, per esempio, il momento della corsa, dello sprint o del salto in lungo o in alto, è il sole che riscalda la pista mentre le scarpe battono sul tappeto rosso, il vento che ti fa rallentare o ti aiuta ad essere un fulmine, la pioggia che batte sulla pelle come riso scagliato con forza. E poi ci sono gli avversari, persone che non parlano la stessa lingua, ma che capiscono con uno sguardo.
E così, Race – Il colore della vittoria, ci racconta la favola di uno dei più grandi atleti che il mondo abbia mai avuto: Jesse Owens (Stephan James). Velocista imbattibile, che in soli due anni ha conquistato tutto ciò che c’era da battere e arriva alle Olimpiadi 1936 a Berlino, vincendo 4 medaglie d’oro. Ma questa è storia, chiunque sia appassionato di sport non può non conoscere le prodezze dell’atleta di colore. Ma c’è di più. Si parla della metà degli anni ’30, i neri avevano conquistato la libertà da soli venti anni. Molti bianchi, tra cui quelli che stavano al governo, li trattavano ancora come schiavi, come spazzatura, come gente che non poteva entrare dalla porta principale. Eppure Jesse riesce ad accedere all’Università, scegliere quella che gli avrebbe dato il migliore allenatore di atletica, Larry Sidner (Jason Sudeikis) e sbaragliare la concorrenze e il razzismo fino ad arrivare alle Olimpiadi.
E’ la storia di un uomo che deve lottare contro la società più che contro gli avversari, che sente addosso le spinte dai propri concittadini ma stringe le mani ai più acerrimi rivali in pista. E’ una storia di come lo sport abbia abolito, anche solo per un attimo, le diversità di lingue, di religione e di colore della pelle. “Quando corri non ci sono bianchi o neri, ci sono solo quelli veloci e quelli lenti”, dice Jesse per far capire a tutti il sapore della libertà che solo un grande atleta può assaporare.
Non tutti sanno che i giochi olimpici, a causa dell’atteggiamento tedesco, razzista e intollerante con gli ebrei, rischiavano di saltare o che almeno l’America decidesse di non andare. Ma poi Avery Brundage (Jeremy Irons), dirigente sportivo statunitense, decide di andare in Germania e togliere i paletti che quei nazisti volevano imporre a tutti i partecipanti. Nessun veto per gli atleti: né sul colore, né sulla razza, né sulle posizioni sociali. Gli americani avrebbero portato pure un alieno o un essere mutante se fosse stato un bravo atleta e avesse avuto la cittadinanza americana. La Germania accetta, gli USA non potevano mancare alle più grandi olimpiadi che ci fossero mai state!
E sotto gli occhi di Hitler che con i giochi olimpici voleva propagandare la supremazia della razza ariana, le telecamere di Leni Riefenstahl (Carice Van Hauten) immortalano la gloria di Jesse Owens: medaglia d’oro per i 100 metri, i 200 metri, salto in lungo e la staffetta 4×100. Il Führer esce dallo stadio senza dare la mano al vincitore.
E proprio lì nel campo di gara nasce un’amicizia che sarebbe stata impossibile se lo sport non li avesse uniti. Carl “Luz” Long (David Kross), tedesco biondissimo, che aveva appena fatto il miglior punteggio nel salto in lungo aiuta Jesse, leggermente in difficoltà, nel suo salto. Forse una delle scene più toccanti del film. Quello che importa è che sia il migliore a vincere. E vince Jesse.
Un film da vedere, brillante, toccante, che racconta la storia di Jesse Owens per la prima volta in un periodo molto complesso del mondo e che lui ha reso inconsapevolmente, anche se per poco tempo, anche se con la rapidità di uno scatto dei 100 mt, un posto migliore.
Dal 31 marzo al cinema
Race – Il colore della vittoria
Regia: Stephen Hopkins
Scritto da Jow Shrapnel & Anna Waterhouse
Con Stephan James, Jason Sudeikis, Jeremy Irons, Carice van Houten, Eli Goree, Tony Curran, Shanice Banton, Amanda Crew, David Kross, Barnaby Matschurat, Jonathan Aris, Tim McInnerny, Nicholas Woodeson, Jesse Bostick, William Hurt
Distribuzione Eagle Pictures
Durata 134 minuti
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