From RM to A’DAM – Maztek

Nuovo appuntamento con Fiori di Cemento. Abbiamo oggi l’onore di ospitare un orgoglio italiano dei dischi, partito da Roma per solcare i palchi di tutto il mondo, maestro del neurofunk e produttore dei Dope D.O.D. Ciao Matteo, benvenuto su Fiori di Cemento. Partiamo dal principio, come ti sei avvicinato ai dischi e cosa ti ha affascinato della materia?
Ciao e grazie.La mia passione per i dischi, tourntables e il djing in generale inizia quando ero ancora un bambino, mio fratello che ha 10 anni più di me era un dj, quindi sono letteralmente cresciuto con un impianto audio e dischi per tutta casa. Quando ero ancora teenager suonavo la chitarra in una band locale e tra concerti e serate mi sono appassionato alla drum&bass. Mi ha sempre affascinato il poter suonare molta musica senza la necessità di una band o di troppi strumenti musicali, venendo da una band sapevo quanto fosse complicato tra prove, sala prove etc.. In questo modo si ha la possibilità di portare molta musica in un solo supporto senza doversi coordinare con altri musicisti. Mi ha sempre affascinato anche la potenza degli impianti e produrre musica appositamente per questi, un suono creato per sfruttare al massimo la potenza e la qualità di queste casse, una cosa abbastanza difficile da raggiungere con normali strumenti musicali.
Oltre 10 anni di carriera spaziando su vari generi. La tua cifra specifica però è il neurofunk; cosa ti ha affascinato di questa variante della drum&bass?
L’introspettività, l’eleganza e la complessità di questo sotto genere della dnb ma soprattutto la sfida dell’imparare a creare un suono molto ricercato e unico.
Dopo gli inizi con il progetto Subculture sei passato in una label storica come Renegade Hardware e il tuo Lp ‘ThreePointZero’ è stato uno degli ultimi lavori importanti dell’etichetta prima della chiusura. Che ricordi hai del periodo e quanto ti ha aiutato, artisticamente e personalmente, lavorare in un contesto del genere?
Renegade Hardware è stato un bel traguardo per me, al quale aspiravo da diverso tempo, i ricordi sono molto positivi in quanto tramite questa label mi sono affacciato alla scena inglese dove è nato tutto. È stato un onore aver realizzato l’ultimo album uscito su questa label. Quindi posso dire che è stata una bella spinta per la mia carriera, ma per quanto riguarda il lato artistico e personale c’e di meglio; in effetti chi l’ha gestita per tutti questi anni non è un buon esempio dal quale attingere per arricchirsi artisticamente o a livello umano, diciamo, ma è comunque un’esperienza per capire con chi lavorare e con chi no in futuro.
Perché in Italia non esistono grosse etichette di genere e non c’è ancora mercato per certi suoni?
Penso che ogni paese abbia le sue tradizioni e poi delle sotto culture, in Inghilterra la jungle è una tradizione ormai e altre cose sono sotto culture, in Italia è solo una sotto cultura e le tradizioni sono ben altre e ben radicate, in questo contesto è difficile accogliere novità o cose innovative, è una questione culturale.
Sinceramente ho smesso di chiedermelo 🙂
Pensi che arriverà una rivoluzione anche da noi?
Penso che in Italia servano altri tipi di rivoluzione prima di arrivare ad una rivoluzione musicale 🙂 ma se le crews che ci sono continueranno a spingere questa cultura le nuove generazioni sicuramente saranno più fertili e mentalmente aperte. È già successo con il rap ormai mainstream in Italia.
Poi l’incontro con i Dope DOD e quindi con il rap. Come siete entrati in contatto e perché avete deciso di lavorare insieme?
Ho scoperto i Dope come tutti quanti credo tramite il loro video “What Happening” ed ho pensato ‘wow! questi sono qualcosa di nuovo, fresh e questo stile combacia decisamente con il mio’.
Li ho contattati per proporgli una collaborazione per un mio EP, gli ho inviato la base di “Brutality” e gli ho chiesto di scrivere qualcosa per me, ma alla fine hanno deciso di tenersi la base per il loro EP e mi hanno chiesto di mandargli più materiale, da lì è nato tutto e attualmente sto lavorando su altri beats per il loro nuovo album.
Ti intrigano altri progetti legati al rap? C’è qualche artista, italiano o straniero, che ti piacerebbe produrre?
Mi intriga produrre beats in generale non solo perché qualcuno ci scriverà sopra delle lyrics, ma se dovessi pensare di produrre per qualche italiano sicuramente sarebbe Salmo.
C’è, tra i tuoi tanti lavori, uno cui sei più legato?
Certo! Quello che ancora deve uscire 🙂 In questo genere si guarda sempre avanti e a migliorarsi, per cui ogni lavoro per me ha avuto il suo valore artistico ed emotivo ma il prossimo è un nuovo traguardo ed è quello che conta per me.
Progetti per il futuro?
Ho appena completato il mio EP per Critical Music per il quale gireremo un video qui ad Amsterdam e sto ultimando degli EPs e dei remixes per altre labels.
Ho anche iniziato a lavorare su un side-project orientato più su beats, downtempo e trip hop con diversi/e cantanti.
Ringraziamo Maztek per l’intervista e gli facciamo un grosso in bocca al lupo per tutti i progetti futuri.
Grazie a te e a voi lettori, a presto!