Tra rap (quello vero) e cantautorato – Claver Gold
Nuovo appuntamento con la rubrica ‘Fiori di Cemento’. Abbiamo oggi il piacere di avere con noi uno degli artisti più talentuosi dello stivale. Ciao Daycol, benvenuto su Fiori di Cemento. Partiamo da ‘Melograno’, fuori dal 26 novembre. Come nasce? Qual è il concept del disco? L’idea è nata 3 anni fa, a Bologna. Ero in studio con i Kintsugi, non avevamo ancora fatto musica insieme, loro si tenevano più sull’elettronica, io dovevo ancora far uscire Mr.Nessuno. Comunque, uno di loro inizia a suonare la chitarra e io canticchiavo sopra i bridge, e così, dal nulla abbiamo deciso di fare un disco assieme. Col fatto che stavamo mangiando melograni abbiamo optato per questo titolo, documentandoci su cosa rappresentasse il frutto nelle varie culture, partendo dai concetti di fertilità femminile e aridità intellettuale e sviluppando il disco su queste direttrici.
Collaborazioni. Sono sempre nei ritornelli, in ‘Melograno’ non c’è una strofa rappata che non sia tua. Come mai? Le cose che scrivo le sento molto mie. Una volta che inizio faccio fatica a lavorare ad un pezzo per poi passarlo a qualcun altro e dirgli “mettici qualcosa dentro”. Io parlo di cose molto personali, difficili da condividere con altri artisti.
Ascoltando i tuoi testi emerge da subito questa vena intimista, accompagnata da capacità di scrittura ed espressione molto importanti. Ti senti quasi più cantautore che rapper? Un pochino sì. Nei miei lavori non c’è più quella ‘cazzimma’ del rapper, non faccio testi dove ti dico che sono forte, che spacco, non c’è egotrip. La mia ispirazione poi, dal punto di vista della scrittura, viene tutta dal cantautorato italiano e non dal rap. Dai cantautori si impara a scrivere e dai rapper si apprendono le virtù tecniche.
Punti di riferimento nel cantautorato?
Uno dei miei artisti preferiti è Vinicio Capossela. Poi ci sono i grandissimi come De Andrè e Rino Gaetano. Probabilmente però il modello di scrittura cui mi sono ispirato maggiormente e che ho macinato a livello di dischi è Capossela.
La scelta di discostarti da alcuni canoni standard dall’attuale scena rap è dovuta più al tuo percorso di crescita, personale e artistica, o ad una volontà piena di allontanarti da certi paradigmi? Guarda se ascolto una canzone rap e l’artista dice che è il più forte, che mi spacca, cambio dopo 40 secondi. Penso sia una cosa mia, ho trent’anni e non ce la faccio più ad ascoltare certe cose. L’ho fatto anche io: ho fatte battaglie, jam contest, il Tecniche Perfette, il 2TheBeat, ma per me è ormai un discorso chiuso. Come dice Bassi in una traccia “ti puoi tenere il rap quando parla di rap stesso”. Secondo me ad un certo punto finisce quel modo di fare rap e ne inizia un altro.
Cosa ne pensi dell’attuale scena rap?
Un po’ strana. C’è un po’ di confusione, soprattutto da quando i rapper non fanno più parte della cultura hip hop. In molti oggi fanno rap pur essendo lontanissimi dall’hip hop. Fedez, ad esempio, concettualmente è un rapper ma non c’entra niente con l’hip hop, e come lui molti altri. Questo distaccamento tra la cultura e la musica ha portato a creare nuovi personaggi che agiscono fuori dall’hip hop e vengono trascinati dalle correnti più forti, come poteva essere la crank nel 2007-2008, poi la dubstep e ora la trap. Sono tutti filoni dove la gente si infila e naviga sul fiume, ma penso sia tutto destinato a scemare.
Tu non hai mai collaborato con nessuno degli artisti più in vista dal punto di vista mediatico, nonostante avessi tutte le capacità per farlo e magari avresti potuto ricavarne più visibilità. E’ stata una scelta tua o pura casualità? Guarda, a me in genere non piace chiedere featuring, in realtà non mi piace troppo collaborare, lo faccio solo con gente che realmente stimo e seguo. Non lo chiederei mai ad uno solo perché è forte. Marra è fortissimo ma non gli chiederei mai un feat. Ci sono comunque artisti con cui mi piacerebbe lavorare, tipo Rancore; dico sempre “cavolo un giorno lo chiamo e gli chiedo se facciamo un pezzo insieme!” e poi non lo faccio mai.
Infatti tu e Rancore mi sembrate molto vicini in tema di approccio alla materia.
Anch’io penso sia così. Siamo due artisti che fanno la musica che gli piace, senza essere mai scesi a compromessi. Facciamo quello che vogliamo fare, anche se magari guadagniamo meno di altri. Io comunque vado a letto tranquillo, nessuno, tra amici e fan, potrà mai dirmi di essermi venduto, commercializzato o non essere rimasto fedele alla linea.
Di Glory Hole invece cosa puoi dirci?
Glory Hole è un’etichetta discografica più che una crew, anche se presenta tratti della crew. Il progetto è partito con la pubblicazione del mio disco ‘Tarassaco Piscialetto’ e da lì ha iniziato ad allargarsi. Ora ci sono Brain, Lord Madness, Don Diegoh, Ice One, Kahiro, Grabe e molti altri, siamo 14/15 artisti. E’ un’autoproduzione, facciamo tutto da noi, dalla spedizione dei dischi ai conti per i live e il merchandising.
Tu sei di Ascoli, poi ti sei spostato a Bologna, un percorso geograficamente simile a quello di Fibra che dalle Marche (Senigallia) si è spostato a Milano. E’ difficile fare rap ed emergere in contesti più piccoli, dove magari questa cultura non attecchisce più di tanto? Io spero sempre si possa emergere anche dalle piccole realtà, però è molto difficile. Le opportunità sono poche, è poca la gente che apprezza. Al 2007, quando sono partito io, ad Ascoli eravamo 5 rapper e 5 writer. Spostarsi non è solamente per necessità di opportunità ma anche di formazione. Quando sono arrivato a Bologna è stato un apprendimento continuo, tantissima gente con tantissime idee diverse di rap, di come viverlo, di comunicazione. Poi ovviamente una città come Bolo è una vetrina più importante, nella golden age è stata la capitale del rap italiano, ti dà una grossa mano.
Melograno è uscito da poco e ce lo stiamo godendo. Stai già lavorando a qualcos’altro?
Per il momento, da questo punto di vista, sono a riposo. Ho due date a settimana ed è molto difficile concentrarmi su altro. Prendo appunti su nuove idee di testi ma ancora nulla di concreto.
Facciamo un grosso in bocca al lupo a Claver per i live e tutti i progetti futuri.
Alla prossima!