In guerra sì, in nome di Dio no
Una delle cose più atroci in atto negli ultimi decenni è che tanti, troppi, miei colleghi adorano lucrare sull’ingenuità del lettore. La “cultura” ormai passa attraverso mezzi di comunicazione social, contenuta in un tot di caratteri, rinchiusa in cancelletti e veicolata a piacimento dai proprietari delle piattaforme di diffusione. In nome del dio denaro basta sponsorizzare bene una credibile bufala portando l’autore a raggiungere una quantità di lettori spropositata. La difficoltà praticamente è diventata solo quella di impostare una buona campagna social…la veridicità del contenuto è ormai divenuta secondaria.
Si leggono post, qualcuno legge giornali ma in pochi leggono libri, in pochissimi si inoltrano nei manuali di storia, una cerchia ancor più ridotta nuota nell’inchiostro di testi scritti da professori universitari…non lamentiamoci cortesemente se la cultura italiana/occidentale è alla deriva, se l’editoria muore un giorno alla volta e se il piattume d’opinione silente alberga nella nostra società.
Barlumi di speranza ci sono.
Terra laica del Prof. Arturo Marzano, edito per Viella, è un esempio tangibile di un testo basato su una delle terre più calde per la geopolitica mondiale: il Medio Oriente.
Marzano, attraverso ricostruzioni storiche, lascia interessanti dubbi sulle “certezze” proposteci a giorni alterni sui nostri mezzi di informazione.
Tre enormi case studies: il conflitto israelopalestinese, il Libano ed il difficile rapporto tra lo “Stato canaglia” Iran e Arabia Saudita. Tre storie dove la religione sembra essere una delle cause maggiori di contesa ma, approfondendo meglio il testo di Marzano, alla luce di fatti reali e non supposizioni da articolo da giornale, ci accorgiamo che le cose non stanno proprio come qualcuno di noi crede o peggio ancora vuol farci credere.
Partendo da un presupposto e sfatando Bernard Lewis, le guerre targate arabismo o nazionalismo arabo ebbero una forte base laica quindi le differenze religiose non furono leva di forza del conflitto. La nahda dell’Ottocento, ad esempio, fu portata avanti da cristiani, musulmani ed addirittura da una parte di ebrei al fine di rendersi indipendenti dall’Impero ottomano. In soldoni, si parla di identità araba non di lotta in nome di Allah.
Tra fine Ottocento ed inizi Novecento, con la prima aliyah, si accende la miccia di uno dei conflitti ancora in atto: quello tra Israele e Palestina e la causa non fu né la conquista del Tempio, né il primato tra il Corano ed il Sefer Torah ma l’espulsione (coadiuvata da una triste serie di sanguinosi atti terroristici e massacri ebraici nei confronti della popolazione indigena, ndr) dei contadini arabi da specifici lotti di terra da parte degli ebrei sionisti dopo l’acquisto dai latifondisti. Un conflitto che nasce non a Gerusalemme ma nelle campagne della Palestina ottomana.
Trovo difficile collegare un conflitto con base religiosa ripensando alla nascita del Kkl nel 1901 ma potrei trovare naturale il malcontento palestinese, specie alla luce delle parole di Lorenzo Kamel citate nel libro: il Kkl venne creato “con il compito di acquistare terra in Palestina e il divieto di vendere le aree appena comprate ai non ebrei”.
Libano: Marzano, prima di affrontare i vari fatti storici avvenuti nel corso degli anni, risolve e chiarisce tutto nella premessa del capitolo. Conflitti tra religioni vi furono, ed è evidente, ma fu principalmente il mancato sviluppo economico unitario del paese e la divisione tra ceti popolari e dirigenti ad esserne la causa.
A supporto ed implementazione, specie sulle rivolte della metà dell’Ottocento, sono importanti le testimonianze di Leila Fawaz “il motivo principale delle rivolte non fu il fanatismo religioso […], ma il crescente divario tra ricchi e poveri” o quelle ancor più illuminanti di Georges Corm il quale aggiunge che un ruolo rilevante lo ebbe anche l’Occidente industrializzato che si servì delle locali comunità cristiane per accrescere la propria penetrazione nelle terre libanesi.
Iran e Arabia Saudita, sunniti e sciiti, Teheran contro Riad… per avere una visione differente ad una guerra prettamente confessionale basterebbe pensare al 632: l’iniziale rottura tra sunniti e sciiti iniziò per una questione “politica”, di successione al Profeta ma allo stesso tempo è pur vero che i rapporti tra le due “fazioni” nel XX secolo, ad esempio in Iraq, furono sostanzialmente pacifici anzi, nella rivolta del 1920, entrambe si schierarono contro la presenza britannica nel territorio.
Interessante invece è, anche in questo caso, il peso della non tanto velata mano occidentale post 1979: in Iran, Khomeini guida la rivoluzione ed i rapporti con il gigante a stelle e strisce vengono bruscamente tagliati, gli interessi americani nel Golfo subiscono un duro colpo… il fato vuole che l’asse Riad-Washington si fortifichi e, sarà probabilmente sempre un caso, la competizione per la supremazia territoriale con Teheran si inasprisce tingendosi di nero petrolio. Le conseguenze del cambio asset su tutto il territorio arabo sono ben descritte nel libro e note a tutti, il rosso sangue versato è sicuramente sciita e sunnita, ci sono stati attentati da entrambe le parti, la religione ha un ruolo importante, ma non fondamentale.
Qualora il vero problema dei conflitti fosse riconducibile ad uno scontro tra sunniti e sciiti, come potremmo spiegarci i rapporti tesi tra l’Arabia Saudita (sunnita) ed il Qatar (sunnita) o la Turchia (sunnita) di Erdogan?
Passando al terrorismo, nelle conclusioni del libro lo stesso Marzano scrive “comprendere il Medio Oriente significa anche affermare che non esiste una causa unica per comprenderlo” e lo stesso vale per i conflitti nei territori arabi.
Uno dei nostri problemi è quello di essere spesso imprigionati dal binomio noi (buoni e portatori di pace)/loro (violenti e rozzi), specie dopo l’11 settembre, specie dopo alcune analisi superficiali o “Fallaci”; la storia ed il giornalismo non hanno bisogno di stereotipi utili ad alimentare violente divisioni ma di studi e testimonianze, la fiamma dell’odio va spenta e non alimentata.
Qualche collega continua a confondere il Dio delle sacre scritture con quello idolatrato dall’uomo… il dio denaro, sarebbe interessante capire a chi fa comodo quest’ignoranza.