Spunta l’ombra di Gladio dietro l’assassinio Alpi-Hrovatin

Verità che valgono la vita
Neanche un mese fa pubblicavo un articolo che racconta la triste storia di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Una storia che è finita tragicamente in Somalia 25 anni fa. In realtà, però, una conclusione vera e propria non c’è stata mai; perché, nonostante ormai è chiaro ciò che è accaduto, non esistono per la giustizia né mandanti né esecutori materiali. Nessuna delle piste più probabili è stata mai seguita. I due giornalisti Rai non erano in Somalia con l’unico intento di riprendere lo svolgimento della guerra civile che in quel momento vedeva l’abbandono delle forze ONU. Erano lì con degli obiettivi più precisi. Del resto, la domanda di Ilaria, scritta sul suo taccuino, rimbomba ancora oggi: 1.400 miliardi di lire per la Somalia stanziati dal governo italiano, dove è finita questa impressionante mole di denaro?
Ci sono certe cose, purtroppo, che soltanto chiedersele espone a rischi immensi, figurarsi se si cercano risposte a queste domanda proibite. Probabilmente Ilaria aveva da qualche tempo intuito che gli aiuti italiani indirizzati alla Somalia fossero impiegati in una maniera per nulla trasparente e legale. Ilaria sapeva già molte cose riguardo ai rapporti Italia-Somalia, più di quanto possiamo immaginare, più di quanto, probabilmente, ne sappiamo oggi noi. Prima di arrivare a Mogadiscio, Ilaria e Miran trascorrono qualche giorno a Bosaso, dove parlano con il sultano del luogo. L’intervista sarebbe durata 2-3 ore, come si evince da alcune battute che il sultano lancia verso Ilaria. Noi, però, siamo in possesso soltanto di 20 minuti di nastro, il resto è sparito. Scomparso come molti dei taccuini di Ilaria. In realtà, scopriremo in seguito, attraverso alcune intercettazioni, che il pacco con dentro gli appunti di Ilaria è entrato da subito in custodia da Giancarlo Marocchino.
Conosciamo già Giancarlo Marocchino e il ruolo che ha svolto durante questi 25 anni di “ricerca della verità”. Una posizione certamente di intralcio alle indagini o quantomeno come quella ricoperta da Carlo Taormina, presidente della commissione d’inchiesta parlamentare. Sono tanti i motivi che consentono di poter affermare queste parole; si pensi alla “vacanza” che facevano a Bosaso Ilaria e Hrovatin: così ha scritto la commissione d’inchiesta parlamentare. Oppure si pensi alla Toyota Pick-Up ritrovata da Marocchino in contatto con Taormina che non corrispondeva assolutamente a quella guidata da Abdì su cui viaggiavano Ilaria e Miran: non c’era il loro DNA. Abdì fu ucciso una settimana dopo il processo dell’innocente Omar Hassin che scontò 16 anni di carcere, sebbene tutti sapessero che quella addossata su di lui era una colpa costruita dietro una scrivania e non maturata con un reato. Fortunatamente Omar è stato assolto, adesso ha una figlia e lo Stato Italiano lo ha ricompensato con 3 milioni di euro. Omar che allora 22enne, era venuto in Italia con altri civili somali per denunciare le torture subite dall’esercito italiano. Un’altra storia d’orrore. Qualcuno riuscì a trasformarle Hassin nell’assassino di Ilaria e Miran, la cui storia, come avrete capito è piena di depistaggi.
“Presenze anomale” e “possibile intervento”
Perché scrivere un altro articolo a distanza di un mese su una storia di cui si è già ampiamente discusso? Sono emersi nuovi elementi che rendono sempre più concreta la pista che quella di Ilaria e Miran sia stata un’esecuzione voluta per impedire che venissero diffuse alcune pericolosissime notizie per lo stato italiano. Luciano Scalettari che da sempre s’interessa alla vicenda di Alpi e Hrovatin, offrendo un contributo che nel corso degli anni è stato preziosissimo, qualche giorno fa su Il Fatto Quotidiano ha pubblicato nuovi, sorprendenti aggiornamenti. Scalettari parla di un nuovo informatore, un ex membro dell’organizzazione Stay Behind, meglio conosciuta come Gladio. L’ex gladiatore dichiara che la loro permanenza a Bosaso gli aveva permesso di raccogliere ulteriori informazioni sul traffico di rifiuti e armi praticato tra Italia e Somalia. Per questa ragione sono stati uccisi.
Proprio in quel momento, nel caldo martedì di Marzo in cui Ilaria cercava di strappare parole dalla bocca del sultano di Bosaso, di convincerlo a farla salire su una nave SCHIFCO sequestrata, a La Spezia, in Italia, dal SIOS della Marina Militare veniva emesso uno strano ordine, che indubbiamente ha a che fare con quanto accaduto ad Ilaria e Miran. Il monito si rivolgeva a due agenti dell’intelligence, Jupiter e Condor: “Causa presenze anomale in zona Bos/Lasko ordinasi Jupiter rientro immediato base I Mog” e poi “ordinasi spostamento tattico Condor zona operativa Bravo possibile intervento”. Emersi questi messaggi, gli avvocati della parte di Alpi e Hrovatin si sono ancora una volta opposti all’archiviazione del caso. E’ assurdo, infatti, pensare che questa vicenda è stata più volte vicina all’archiviazione, nonostante di volta in volta saltassero fuori degli elementi chiarificatori, come nel caso di questo documento che parla di presenze anomale in Bosaso e di possibile intervento.
Significa che una parte dell’intelligence italiana seguiva i movimenti di Ilaria e Miran tentando di frenare le loro scoperte sulla SCHIFCO e i traffici italiani con la Somalia. E’ ormai certo che Ilaria e Miran sono stati uccisi perché stavano per svelare agli italiani un traffico di denaro, rifiuti e armi inaudito. L’Italia costruiva seppellendo i propri rifiuti tossici, mentre vendeva le armi a Siad Barre prima, ai signori della guerra poi. In che modo questi messaggi sarebbero collegati a Gladio lo spiega proprio L’ex gladiatore che ha concesso un’intervista anonima a Il Fatto Quotidiano.
In sostanza spiega che Jupiter (Giuseppe Cammisa) e Condor (Marco Mandolini) sarebbero due uomini, un civile e un militare, ingaggiati da una fazione particolarissima di Gladio, che aveva l’impellente necessità di far tacere la cronista e il reporte. Sarebbe stato lo stesso Jupiter a far perdere il volo ad Ilaria e Miran, pilotando i loro ultimi giorni di vita. Continua, infatti, l’informatore dicendo che Ilaria era venuta a conoscenza dei traffici illeciti da un suo amico, molto potente, un maresciallo dei servizi di nome Vincenzo Lo Causi, morto sulle spiagge della Versilia nel 1993 in circostanze mai chiarite. Lo Causi avrebbe messo a conoscenza Ilaria di quanto avveniva tra Italia e Somalia, la cronista ha proseguito le indagini; finché è arrivata a sapere più di quello che vertici dell’intelligence volevano che sapesse. E’ triste pensare che negli anni successivi, sebbene i mezzi di informazione si siano sempre battuti per la causa, sono stati portati avanti diversi depistaggi. Oggi sembra aprirsi su uno spiraglio di luce che ci fa invocare di nuovo Giustizia: quella Giustizia che in Italia non abbiamo mai conosciuto. Nessuno ha mai convocato ad un interrogatorio Jupiter alias Giuseppe Cammisa. Mai è stata messa seriamente sotto indagine la figura di Giancarlo Marocchino.