Caligula’s party un’equivalenza mortifera

Chiara Ameglio, performer e coreografa di Fattoria Vittadini, collettivo in continua evoluzione artistica, porta al teatro Elfo Puccini di Milano Caligula’s party.
Lo spettacolo che la vede sola in scena è liberamente ispirato a Caligola di Albert Camus e fa parte di un percorso di ricerca dell’attrice sulla “mostruosità umana”. Aureliano Delisi firma la drammaturgia. Marco Bonadei ha collaborato alla creazione.
Un esile corpo flessuoso, che mostra senza malizia le proprie nudità, entra quasi gattonando sulla scena semibuia. Si contorce dal dolore, non arriva a sollevarsi. Si muove a sussulti, tremiti. Striscia. È Caligola, poco più che ventenne, disperato per la morte dell’amata sorella con cui aveva una relazione incestuosa.
Con lei muore l’infanzia e quell’universo di sogni che popolano il mondo infantile. Proprio come quei palloncini che anelano all’alto, presenti in scena. Il giovane imperatore scopre così che la vita è assurda e che gli dei hanno un volto stupido ed incomprensibile. Ed è preso da un grande terrore di diventare uomo.
L’equivalenza mortifera di Caligula’s party: morte e vita hanno lo stesso valore
Se l’unica verità è che la vita è assurda, come lo è la morte, niente ha più senso. E se il senso si è ritratto perversamente dal mondo, allora vita e morte, dolore e felicità, amore e abbandono, tutto è uguale in una equivalenza mortifera. Anche un cavallo può diventare ministro e viceversa.
Da questo postulato logico che non ammette deroghe, deriva la crudeltà logica e sanguinaria dell’imperatore.
Per placarla, ci vorrebbe la luna, che appare in scena come una presenza umbratile sfuggente, o la felicità, o l’immortalità, qualcosa insomma che non sia di questo mondo.
Una ricerca dell’assoluto, una legge del godimento senza fine, che diventa dannazione. A niente vale il consiglio di Cherea: se non credi in qualcosa, non devi per forza insudiciarla. Non si può vivere in un universo dove il pensiero più bizzarro di un singolo può in un attimo entrare nella realtà in forma di morte.
Intorno a lui la cacofonia della vita di corte, che percepiamo nei suoni di Gianfranco Turco, lo nausea. Le ipocrisie, la falsità, la corruzione, tutto alimenta in lui il disprezzo universale per la vita.
Se poi hanno ragione i cortigiani o i senatori quando affermano che il Tesoro, l’economia, le finanze dello stato sono la cosa più importante, si dovrà allora convenire che non può essere niente la vita per coloro per i quali il denaro è tutto.
Dunque per eliminare contraddittori e contraddizioni, Caligola compie le nefandezze più estreme ma sempre seguendo una logica chiara, dove il potere più è smisurato e più è ridicolo.
Quel corpo filiforme di Chiara Ameglio, che tanto sembrava in balia della vita, che ricordava a tratti un bambino, un burattino, una mignotta d’alto borgo, una instabile creatura, diventa ora spietato, sfrontato, erotico, irriverente, violento, provocatorio, dannato.
E in quella macabra danza, che per un attimo si fa anche marcia squadrista, in quelle pantomime grottesche che si traducono in immagini brutali, brucianti e talvolta disturbanti, rivediamo in filigrana accadimenti storici vicini e lontani.
Camus scrive Caligola nel 1938 ma dopo gli eccidi nazisti lo modifica. Perché Caligola vive da sempre. E mentre viene ucciso, già sta tornando.
Teatro Elfo Puccini, Milano
Caligula’s party
liberamente ispirato a Caligola di Albert Camuscreazione e performance Chiara Ameglio
drammaturgia Aureliano Delisi
collaborazione alla creazione Marco Bonadei
musiche e progetto sonoro Gianfranco Turcodisegno luci Fabio Bozzettacostumi Elena Rossiproduzione Fattoria Vittadini, Festival Internazionale La Sfera Danzacon il supporto di Festival L’Altra Fedora