‘Tutto Esaurito’, al Teatro Vittoria un Max Paiella… inesauribile

‘Tutto Esaurito’, c’è poco da fare, è proprio così: tornare indietro nel tempo (dal 2068, viaggiando in una lavatrice) regala a Max Paiella la possibilità di raccontare a modo suo il nostro sfortunato e incosciente presente.
Comincia quindi la lista degli ‘esaurimenti’: le risorse naturali, il cibo, lo spazio vitale, le specie animali in via di estinzione, la pazienza dei romani (le buche, si sa…). E cominciano così due ore (quasi) di giochi, calembour e arte varia, con un repertorio di canzoni che spazia dall’opera alla canzone d’autore, mentre sul palco si affiancano allo scatenato Max nientemeno che Mauro Tozzi e… Donald Trump.
Bersagli non ne mancano, la temperatura della lavatrice si innalza progressivamente, mentre cadono sotto i colpi di una satira di costume, scanzonata e piuttosto diretta, politici, amministratori, piccole tragedie quotidiane e grandi farse storiche. Bersaglio diventa anche il pubblico del Vittoria, coinvolto nelle performance canore ad imitazione delle voci della natura (da cui la platea miagolante o belante a comando), dove i miagolii e i belati diventano le voci dei cantautori, bersagliati anche loro.
Il target di Max Paiella non è alto, la mira è sempre ad alzo zero, sulle nostre ipocrisie e nevrosi spiccioli, comuni e ricorrenti, quelle che ci accompagnano nel quotidiano diffuso, quelle che si sfogano in uno sbotto, per poi tornare a tormentarci all’indomani. Da ciò la grande capacità di coinvolgimento di questo istrione di caratura, capace di tirarsi dietro il pubblico mentre fa le capriole verbali infilandosi volta per volta nei nostri panni.
D’altra parte lo stratagemma iniziale del viaggio a ritroso nel tempo, fino ad oggi, fino a noi, per avvertirci dei nostri mali irrimediabili (stratagemma presto evaporato, quasi dimenticato nel fervore del monologo), non è nuovo a tanta parte, anche nobile, della letteratura dei due secoli passati: da Jonathan Swift, che nei “Viaggi di Gulliver” si faceva beffe della Gran Bretagna imperiale, al gustoso “Un americano alla Corte di Re Artù”, di Mark Twain (al secolo Samuel Longhorne Clemens), senza dimenticare le “lettere Persiane” di Montesquieu, il trucco dello “straniero”, di quello sguardo “da fuori” che, ingenuo e insieme disincantato, mette in luce le ombre fosche che abbiamo sotto gli occhi, è semplice e (quasi) sempre efficace, specie nella satira.
Qui, come si è scritto, il trucco è in realtà solo il pretesto, l’incipit un po’ effimero che lascia subito campo allo sfottò, alla goliardata, alla capriola. Con grande energia, con genuino talento, e senza nessuno scrupolo (neppure linguistico) Max il Matto ci tiene in ballo (e balla) per due brevissime ore, piene piene di salacità e perciò brevi.
Da provare per credere.
di Max Paiella e Caterina Brigliadori
con Max Paiella
Al Teatro Vittoria, fino al 31 Marzo
Piazza Santa Maria Liberatrice, 10
Tel. 065740170