Toni Servillo diventa maestro

Il mestiere dell’attore richiede un bagaglio di esperienza culturale che accedervi risulta sempre più difficile. Sapersi infilare nei panni di un’altra persona, sapere vivere sulla propria pelle le esperienze di quel racconto, saperle trasmettere a chi ti sta di fronte.
Dunque forse nessuno si immagina che serva non solo un enorme bagaglio culturale, ma anche una grande capacità di esprimere il sentimento.
Con un termine così generico diventa ancora più complicato saper comunicare a chi deve imparare il mestiere della recitazione cosa si debba raggiungere come risultato, non solamente verso il pubblico, ma soprattutto nei confronti dell’opera che si deve interpretare.
Prova a dare una risposta lo spettacolo “Elvira (Elvira Jouvet 40)”, che vede alla regia e alla recitazione l’attore Toni Servillo, che calcherà il palcoscenico del Teatro Carignano di Torino, dal 13 al 25 marzo.
Riportare sulle scene un’opera come questa è una scelta di grande coraggio: far comprendere e apprezzare sette incontri, in cui Louis Jouvet (interpretato dallo stesso Servillo) cerca di preparare una giovane attrice, Claudia, all’ultima scena del suo personaggio di Elvira, del Don Giovanni di Molière, non è affatto semplice.
Non lo è proprio perché la stessa attrice non riesce a capire come entrare dentro quell’ultima maledetta scena, che ha una potenza emotiva enorme e che deve essere affrontata andando oltre se stessi, superando quella barriera di orgoglio che forse viene eretta dalla propria personalità, che non ama lasciarsi andare ai sentimentalismi.
Proprio per rompere quella distanza che spesso si crea tra chi recita e chi ascolta / osserva, Toni Servillo passeggia tra il pubblico, mentre tiene le sue lezioni, rimanendo sempre abbastanza vicino al palcoscenico, quindi mantenendo un po’ di distanza fisica, mentre quella emotiva viene completamente eliminata.
Ci sono momenti durante lo spettacolo in cui il desiderio più forte sarebbe anche quello di prendere degli appunti: talmente numerosi sono gli insegnamenti, che non segnarseli tutti sembra quasi uno spreco. Allo stesso tempo, ascoltare un insegnante come Louis Jouvet (aka Toni Servillo) parlare con tanto fervore e tanta passione, cattura la tua attenzione a tal punto che forse risulterebbe impossibile compiere anche un gesto elementare come scrivere su un block notes.
I messaggi di Louis verso Claudia sono spesso puntigliosi (perché colgono nel vivo le difficoltà vere dell’attrice), molto esigenti nei loro contenuti e nel pubblico possono suscitare anche una punta di fastidio, soprattutto quando la interrompe nelle sue prove. I tempi scorrono veloci tra una lezione e l’altra, anche se il momento di pausa coincide sempre con le luci che calano sul palcoscenico, per riaccendersi pochi secondi dopo, per il cambio di scena: la cura di queste ultime è stata affidata a Pasquale Mari, che con la sua padronanza aiuta ad entrare in sintonia con l’esperienza formativa che rappresenta questo spettacolo. Come recita il protagonista “Una messa in scena è una confessione”, proprio per far passare il messaggio che l’attore mette a nudo tutto se stesso per immedesimare i sentimenti di quel personaggio.
«Elvira – scrive Toni Servillo – porta il pubblico all’interno di un teatro chiuso, quasi a spiare tra platea e proscenio, con un maestro e un’allieva impegnati in un particolare momento di una vera e propria fenomenologia della creazione del personaggio».
Chi desidera può leggerci anche un rapporto di sottile affetto tra il maestro e l’allieva, perché nonostante lui le si rivolga con estrema decisione e fermezza, nel suo correggerla continuamente le cerca anche di comunicare quell’ infinita dolcezza con cui Elvira deve comunicare a Don Giovanni le sue parole, che rappresentano per lui la vera salvezza.
Uno spettacolo da vedere e sicuramente da rivedere, per cogliere nuovamente tutte quelle parole così importanti, di cui ognuno può fare tesoro anche al di fuori della recitazione presa in sé e per se stessa.
Rebecca Cauda