Essere Antigone nel teatro della post-ideologia

Antigone. Un titolo che non stanca mai, una tragedia che ha sempre qualcosa di nuovo da dire, che ha la capacità di modellarsi ai tempi storici in cui viene riletta, che accentua domande più o meno urgenti a seconda dello spirito di chi legge.
Urgente, proprio così. Antigone è una eroina che nella dimensione tragica, nella sua permeabilità alla società in cui viene proposta, mantiene immutata una predilezione per lo scatenamento di domande scomode, assolute. E’ così per l’Antigone di Brecht, nata dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, lo è altrettanto per quella del Living Theatre negli anni ’60.
Non diserta l’obbiettivo nemmeno questa versione di Federico Tiezzi, in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 29 marzo.
Certo, vivissimo resta il dibattito tra legge e morale, tra Polis e Ghenos. Resta chiara la contrapposizione tra il dispotismo di Creonte (Sandro Lombardi) e la rivoltosa Antigone (Lucrezia Guidone). Ciò che c’è da chiedersi però è il valore che hanno lo Stato e la Famiglia oggi. Ed allora questa Antigone, che parte dall’essere la Nora di Casa di Bambola, si scontra inevitabilmente con un dato di fatto: quello di dover vivere in un mondo che si professa post-ideologico, di doversi appigliare a degli stilemi dichiarati decrepiti.
Il coro di Tebani quindi è costituìto da becchini che si muovono in un obitorio, la Moira è un elemento che ritorna costantemente per proporre una edizione Y della tragedia sofoclea. L’indovino Tiresia (una Francesca Benedetti che tanto ricorda L’indecenza e la Forma), che dovrebbe avvisare Creonte del suo eccesso di hybris, si trasforma in una figura che induce tentazione, che al posto di essere salvifica, trascina il re despota nell’abisso della morte. La deriva spirituale, in questo mondo che abiura il passato, non può che virare perciò verso l’induismo e la purificazione dell’Holi.
Che la morte sia una scorciatoia necessaria alla fuga? Esiste forse una linea di continuità nel rapporto morte/polis di Tiezzi e quella di morte/borgata su cui tanto aveva riflettuto Pier Paolo Pasolini?
Sembra proprio di sì. A maggior ragione se si considera che questa Antigone è parte di un progetto che vedrà ancora Tiezzi al Teatro di Roma per la realizzazione di The Tempest nel 2020, per concludere una trilogia iniziata col Calderón del 2016, e che ha come prospettiva d’indagine la famiglia e dei suoi conflitti, le sue dissoluzioni e le rinascite. La vita e la morte, in un’era post-ideologica.
Teatro di Roma Presenta
Antigone
di Sofocle
traduzione Simone Beta
adattamento e drammaturgia Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi
regia Federico Tiezzi
con Ivan Alovisio, Marco Brinzi, Carla Chiarelli, Lucrezia Guidone, Lorenzo Lavia, Sandro Lombardi
Francesca Mazza, Annibale Pavone, Federica Rosellini, Luca Tanganelli, Josafat Vagni, Massimo Verdastro
e con Francesca Benedetti
scene Gregorio Zurla
costumi Giovanna Buzzi
luci Gianni Pollini
canto e composizione dei cori Francesca Della Monica
movimenti coreografici Raffaella Giordano
assistente alla regia Giovanni Scandella
orari spettacolo
prima ore 21.00
martedì e venerdì ore 21.00
mercoledì e sabato ore 19.00
giovedì e domenica ore 17.00
lunedì riposo
durata 2 ore