MACBETH al Globe Theatre di Roma, l’illusione del male in scena fino al 1 ottobre

“La vita non è che un’ombra che cammina
Un povero attore che si dimena
E si pavoneggia per un’ora su un palcoscenico
E poi
Non se ne parla più”
(William Shakespeare)
Il teatro elisabettiano Globe Theatre di Roma ci offre l’ennesima perla della stagione 2017, portando in scena Macbeth fino al 1 ottobre. Una delle tragedie più famose e amate di Shakespeare, tradotta, adattata e diretta da Daniele Salvo, con Melania Giglio e Giacinto Palmarini.
In una notte perenne si muovono silenziosi i personaggi di Macbeth, fragili e ambiziosi, disposti a tutto pur di arrivare in alto nella scala sociale, perfino a sporcarsi le mani di un sangue che non potrà più essere lavato, come si ammira da una scena emozionante che vede come protagonista Lady Macbeth, una donna nevrotica e dalle forti capacità manipolatorie. È lei che si cela dietro al protagonista, manovra i fili della sua psiche come un abile burattinaio; serpeggiando sulla scena si muove con maestria insinuando il dubbio, la bramosia, l’eccitazione fisica e mentale del proibito. L’iniziale equilibrio che apre il dramma ambientato nella Scozia medievale è garantito da un re capace di mantenere la pace e la sicurezza. Macbeth vuole uccidere il re Duncan e occupare il suo trono come un dio in terra, ma spinto sempre più in alto dalla sua brama di potere finirà per sprofondare in basso verso le tenebre.
L’oscurità è la tinta che assume questo dramma shakespeariano e l’adattamento del regista è riuscito perfettamente a ricreare un’atmosfera tetra e perversa, ai limiti del surreale. Poche le luci in scena, utilizzate solo per ricreare i movimenti introspettivi dei personaggi, i rumori improvvisi della coscienza tormentata da continui rimorsi, indecisioni e paure; coscienza in perenne lotta tra il bene e il male, dicotomia principale del dramma e ricreata in scena da costumi e scenografie che lasciano spazio principalmente al bianco e nero, ma anche da chiari richiami simbolici e allegorici con forti riferimenti esoterici. Ecco allora le tre sorelle del male che predicono il futuro al protagonista vestite da caproni satanici, ma anche le personificazioni di animali che si mescolano ai personaggi, come il ratto e il corvo che rimandano rispettivamente all’impuro e alla morte. Tutti elementi che evidenziano l’onnipresenza del Male e aiutano a creare un clima fantastico, quel ‘sacro’ terrore del registro tragico.
Impeccabile la recitazione degli attori, capace di trasmettere allo spettatore le emozioni più disparate, ma soprattutto quell’esacerbazione dei sensi che si spinge fino alla nausea d’illusioni, miraggi e ombre, un flusso continuo di percezioni dove il sogno si confonde facilmente con la realtà. Un’atmosfera modellata ispirandosi al cinema di Lynch, come ha sostenuto il regista Daniele Salvo, dove si lascia spazio a ombre affamate di potere, nebbia, suoni ambigui e inquietanti:
“Macbeth è un capolavoro che opera un vero e proprio sezionamento dell’emozione umana, un precisissimo iter all’interno del cuore e della mente di un uomo che sembra destinato al vertice della società, ma che diviene invece vittima della fragilità e della manipolazione.
È un’opera che guarda al lato oscuro delle persone, alle loro debolezze e al male che si cela in ognuno di noi. Un male che diviene inconfessabile e che distrugge la nostra umanità quando smettiamo di domarlo e ci illudendoci di potercene servire senza dover pagare un caro prezzo.