Il Casellante di Camilleri: al Sistina con Moni Ovadia e la metamorfosi impossibile

Il Teatro Sistina ospita fino al 28 maggio Il Casellante, uno spettacolo raffinato e intenso di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale. La messa in scena, esempio magistrale di teatro musicale, vedrà come protagonisti un poliedrico e inesauribile Moni Ovadia a insieme a Valeria Contadino e Mario Incudine.
Come lo stesso Camilleri ha avuto modo di sottolineare, il Leitmotiv del ‘Casellante’ è rappresentato da una metamorfosi incompiuta e impossibile: quella di una donna in un albero. Tale riferimento alla trasformazione la pone in linea con gli altri due racconti di Camilleri della trilogia: ‘Maruzza Musumeci’ e ‘Il sonaglio’.
Una messa in scena certamente da consigliare e che trasporta lo spettatore in una Sicilia sospesa e sognante grazie ad una recitazione di grandissimo spessore che si è guadagnata l’accoglienza calorosa della prima del Teatro Sistina. Una rappresentazione che si impreziosisce grazie alla musica dal vivo di grande impatto e che prende vita per mezzo dell’allestimento scenico evocativo e i costumi molto curati.
Il Casellante si struttura in due sezioni una iniziale caratterizzata dalla leggerezza comica e una seconda dai tratti più cupi e drammatici. Il sipario si apre quindi su di un racconto leggero e a tratti favolistico che narra di una vita semplice incentrata sulle relazioni sociali tra conterranei. Ne emerge un acquerello affettuoso di una Sicilia paesana, dove problemi e angosce riescono a trovare una soluzione in figure tradizionali come quella della mammana (interpretata magistralmente da Moni Ovadia) o del don locale.
La cerniera che segna la svolta nella trama del Casellante di Camilleri risulta essere quella, lacerante, dello stupro e della violenza. Non solo quella orrida che subirà la protagonista ma anche quella commutata da una legge (quella fascista) che conosce unicamente le squadrate logiche dell’autoritarismo e quella che viene dal cielo con la II guerra mondiale. Ecco perché nel Casellante di Camilleri si innestano molteplici chiavi di lettura che lo rendono un prezioso documento storico, psicologico e culturale: quello di una Sicilia e di un’Italia che passa, stordita, alla modernità e all’isolamento.
Lungi dal coinvolgere quindi unicamente la vicenda di Minica, sono vari gli elementi che nel Casellante sono soggetti a metamorfosi: il paese per mezzo degli stravolgimenti della guerra, i movimenti dei personaggi (che dai cambi di luogo della prima sezione passano alla staticità finale), il carattere della trama che scivola dal piano comico al drammatico. Il tentativo è quello regressivo e impossibile di tornare ad una feconda terra-madre di contro allo sradicamento della guerra attraverso il richiamo ad una realtà contadina e classica ormai perduta.
Il finale positivo indicato da Camilleri nel Casellante è ritrovato non all’interno della tradizione, quanto nelle logiche della modernità. La narrazione offre così il proprio commiato agli spettatori con un messaggio conciliatore e di speranza, seppure tra le ombre lunghe di un finale amaro e sofferente.