“STOMP”, una travolgente jam session di Puro Ritmo Urbano

Lo spettacolo è senza parole (ovviamente): in scena, dove otto indiavolati otto, sornioni e infaticabili rullano e saltano alla scoperta dei suoni nascosti (degli ordinari oggetti di scena, dei loro corpi, del pubblico). In platea (e galleria) del Brancaccio, dove un pubblico altrettanto appassionato trattiene a stento gli applausi, finalmente sfogandosi in una standing ovation spella-mani.
Il minimo che si possa dire dello show degli STOMP (o meglio, d’una delle cinque troupes che girano il mondo portando questi ritmi) è che è terribilmente coinvolgente, travolgente. Ma andiamo per ordine.
Sul palcoscenico: una scenografia grunge / post industriale, sul fondo una parete di rete metallica trapuntata di pentole, coperchi, bacinelle, campanacci e via via raccattando, in primo piano quattro b fusti di plastica uso tamburi, sedili arrangiati e il tavolato di legno del palco.
In scena: otto giovani performer, due ragazze sei ragazzi, diversamente abbigliati in stile suburbio anglosassone.
Non serve altro, lo show può cominciare.
Il primo ballerino entra in scena, spinge davanti a sé uno scopettone, lo striscia sul pavimento, ascolta incuriosito il suono, i movimenti prima causali, poi pian piano scopre un ritmo, lo ripete, lo esplora, lo arricchisce.
Lo raggiungono uno alla volta i compagni, anche loro scopettone in mano, si uniscono al ritmo, si intrecciano le battute, i suoni si aggregano e si alternano, nasce una partitura, si intreccia un dialogo muto, i movimenti si cuciono insieme, i gesti sono fluidi, a sottolineare un suono ogni volta diverso ma sempre profondo, viscerale.
Nasce così, per addizioni successive, diventando man mano corale, questo strano ritmo ‘materico’: ogni numero si succede al precedente allo stesso modo, inventando i suoni con curiosità un po’ naif, ma tutti sono diversi: come diversi – e tutti totalmente improbabili – sono gli ‘strumenti’: scope, secchi, carrelli da supermercato, bidoni, ma anche lavandini d’acciaio (imbracciati come giganteschi vassoi), fogli di giornale, accendini ‘zippo’, tubi corrugati e gigantesche camere d’aria gonfiate a ciambella. Vedere (e ascoltare) per credere.
L’elenco dei numeri e delle invenzioni (o piuttosto ‘scoperte’, perché così vengono presentate) ritmico-sonore è sorprendente, come sorprendente è la naturalezza con cui diventano orchestra e insieme giocoleria: si va dal valzer dei carrelli da supermercato alle percussioni in parete, sospesi e imbragati ad accanirsi su coperchi-pentole-bacinelle; dalla danza ritmata stile aikido, all’esilarante clic-clac degli accendini che scattano e s’accendono e punteggiano il buio di disegni ammiccanti.
Non c’è limite alla fantasia, non c’è limite al ritmo.
Acrobati, giocolieri, ballerini, accaniti percussionisti: ma bravi anche a coinvolgere il pubblico nelle loro rumorose gag ritmiche, anche aiutati da una certa caratterizzazione tra solisti e performers, gli STOMP (ma è un titolo o un nome?) tengono banco per un’ora e mezza, dando voce al quotidiano, al banale, all’accidentalità di suoni che diventano – nelle loro mani – una musica senza parole e senza melodia, ma trascinante.
Al pubblico che non sa più trattenersi, questi eccezionali affiatatissimi performers offrono un bis divertentissimo, ma a parti inverse: perché è il pubblico, appena appena incoraggiato dal gruppo, a riprendersi la scena, quasi a mostrare un passaggio di testimone.
Ora la lezione l’abbiamo capita, prendiamo questi ritmi e queste invenzioni e portiamoli con noi nelle nostre giornate, anche noi alla ricerca del nostro Puro Ritmo Urbano.
In scena al Teatro Brancaccio di Roma fino al 21 maggio.
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Coreografie: Luke Cresswell, Steve McNicholas