Il Mercante di Venezia – Più ritmo ragazzi, più ritmo

Riambientata in una Venezia fin de siécle, quasi da interno borghese, la commedia di Shakespeare offre alla regia di Loredana Scaramella molti spunti per interpretare, anche in maniera originale, un testo articolato, che esplora registri molto differenti, dal tragico al comico, dall’epico al quotidiano.
Quella dell’ebreo Shylock vs il veneziano Antonio è storia nota: il primo, usuraio erudito e forbito nei modi ma gretto e vendicativo nell’animo, presta tremila ducati al secondo, facoltoso e fortunato mercante, pro bono dell’amico Bassanio, in cerca di moglie e di miglior fortuna. L’ebreo però non chiede interessi, ma una garanzia a pegno della restituzione a tempo debito della somma, garanzia ‘incarnata’ nel suo diritto ad esigere come penale, esattamente una libbra di carne dal petto di Antonio.
Sembra una burla (e così la presenta Shylock), diventerà una tragedia: perché quando la fortuna sembra voltare le spalle al Mercante e le navi d’Antonio, cariche di merci e di profitti, sono date per perse, il vendicativo Shylock esige la sua penale, a giusta vendetta degli affronti troppo a lungo subiti. Grazie all’arguzia di Porzia, la novella sposa di Bassanio, il lieto fine (per tutti, ma non per Shylock) è garantito: della serie come ovviamente le donne salvano la situazione (epilogo non nuovo in Shakespeare).
Nel teatro di Shakespeare, come anche in questa commedia, i personaggi sono sempre raccontati a tratto forte, sono sanguigni e appassionati, come lo sono i monologhi amorosi o esistenziali. Perciò, così spesso e così bene, le vicende ed i caratteri delle opere del Bardo diventano degli universali, luoghi poetici e simbolici, paradigma del caso e della necessità, campionario universale delle emozioni, delle virtù, dei vizi. Rimanendo però godibilissimi sulla scena, nella ricorsa dei i dialoghi sono accesi, veloci come nel gioco degli equivoci e degli scambi, tra buffonerie e sbruffonate, ispirate confessioni o accanite vendette.
Nel Mercante di Loredana Scaramella, non sempre l’alchimia riesce: non per caso i due caratteri più ‘estremi’ del piccolo pantheon da palcoscenico, il perfido e il ridicolo, son poi quelli che ci sembrano meglio interpretati. L’ottimo e convincente Shylock (Carlo Ragone), che sa trovare la misura ed i giusti toni, tra l’untuoso e il beffardo, e incarna alla perfezione modi, postura e mosse dell’ebreo usuraio.
E lo spettacolare e inarrestabile Lancillotto, che non sbaglia una mossa, una smorfia, un gesto: imperdibile il suo personalissimo dialogo tra Diavolo e Coscienza, dove il guitto riesce ad essere il saltellante imputato giudice e difensore di se stesso. Lancillotto (e chi per lui: al secolo Federico Tolardo) in ogni circostanza sa, col suo garbo sfrontato, agitare la sua veste comica per nascondere la vena tragica della vicenda.
Bravi davvero, entrambi: al punto che gli altri personaggi ne risultano resi un po’ opachi, prevedibili, con anche qualche smagliatura nel ritmo dei dialoghi, non sempre all’altezza dei testi, e anzi a volte disgiunto nell’uno e nell’altro che si parlano. Come Bassanio (Mauro Santopietro) e Antonio (Fausto Cabra), cui occorre l’intero primo atto per ritrovare la sintonia. Come Porzia (Sara Putignano) e Nerissa (sua cameriera: al secolo Loredana Piedimonte), dai duetti non sempre così frizzanti . Per fortuna c’è poi la scena degli anelli, dove a due a due i novelli sposi, Bassanio e Porzia vs Nerissa e Baldassare, si punzecchiano e si sfottono in un felicissimo balletto di battute e movimenti di scena. Spesso, abbiamo notato, il movimento di scena – molto curato – convince più del dialogo.
Per quanto riguarda la regia di questo Mercante, se è pur vero che in un testo così tradizionale e ‘vissuto’, la vicenda può anche essere una traccia, un riferimento da cui allontanarsi ed a cui ritornare (e nel frattempo qualche capriola ci sta, qualche coreografica libertà d’interpretazione non guasta), occorre sempre una misura, un equilibrio. E così non convincono fino in fondo i siparietti costruiti, un po’ troppo per eccesso, sui due pretendenti sposi di Porzia: un maccheronico Principe del Marocco ed un poco ardente Nobile d’Aragona, entrambi da Porzia stessa sapientemente guidati al fallimento nella prova dello scrigno. Exit Marocco, exit Aragona, e meno male.
Ricordiamo ancora il dialogo toccante, quasi un cameo, tra Lorenzo (Diego Facciotti) e Jessica (figlia fuggitiva di Shylock: al secolo Mimosa Campironi), coppia misera e clandestina, che però nel finale troverà (anche qui grazie al fallimento del piano di Shylock) anch’essa la sua fortuna: l’incipit In una notte come questa delle battute che si ripetono l’un l’altra, diventa il dolce ritmo, quasi segreto, dell’ultima delle strane, improbabili coppie in scena.
Menzione d’onore per musiche e musicanti: Adriano Dragotta, Lorenzo Perracino e Franco Tinto con brio e discrezione disegnano il contrappunto delle scene – romantiche e non – e regalano un godibilissimo intervallo con musiche Klemzer (la tradizione musicale ebraica della diaspora europea) veramente imperdibile.
Tirando le somme, e ricordando che la prima è sempre la prima (specie per la scioltezza dei dialoghi e delle battute), questo Mercante s’ha da vedere, ha senz’altro i suoi meriti.