Gassmann – Riccardo Terzo maschera gotico-grottesca con effetti speciali che piace ai giovani

Un Riccardo III – o Riccardo Terzo o, ancora, RIII, così come scritto sui manifesti– per i giovani, quello messo in scena da Alessandro Gassmann, al suo primo approccio con l’opera del Bardo come interprete e regista: così come anche il titolo suggerisce, una rilettura moderna del grande classico shakespeariano a firma di Vitaliano Trevisan che ha tradotto e adattato un testo la cui universalità di temi e anche di linguaggio è terreno fertilissimo per una rivisitazione in chiave contemporanea, dove la deformità di uno dei più spietati e sanguinari tiranni è incarnata fino al grottesco da un Gassmann la cui fisicità si impone, arrancando, in tutta la sua altezza (resa ancora più evidente grazie a delle zeppe negli scarponi) e svela la sua maschera di malvagità assoluta enfatizzata da un trucco “gotico-militare” che ci restituisce un Riccardo III che piacerebbe molto a Tim Burton, regista dell’immaginazione di cupe storie gotiche al quale Alessandro Gassmann ha dichiarato di essersi ispirato.
Di questo allestimento Burton apprezzerebbe non solo l’estetica ma anche la forte impronta cinematografica, ricca di effetti speciali, grazie allevideografie ideate da Marco Schiavoni “un’anima 3D” che ricrea nevicate, boschi, temporali, folle acclamanti, fuochi accesi, fantasmi ora giganti, ora capovolti o svolazzanti; ne apprezzerebbe, infine, anche la particolare chiave di lettura, l’ironia, che non tutti i registi, nelle centinaia di messinscene di questa e altre tragedie shakespeariane, hanno saputo o voluto mettere in evidenza.
Operazione, quest’ultima, perfettamente riuscita a Gassmann che, con ritmo sempre più incalzante, trova questa chiave interpretativa che fa emergere un sotto-testo di cupa e feroce ironia, che scopre un Riccardo non solo personificazione del “male assoluto”, mandante di omicidi seriali per brama di potere, tra i quali quello, particolarmente odioso, di due ragazzini, ma anche fascinoso incantatore di serpenti, abile con le parole in virtù di un’ironia a tratti volgare e spudorata che diverte dissacrando e va al cuore delle questioni, svelando miserie e abissi, suoi e degli altri protagonisti: nessuno si salva, la corruzione è dell’anima.
Ironici, a tratti perversi e dissacranti, i personaggi maschili, dallo spietato “servo” Tyrrel (interpretato da un ottimo Manrico Gammarota) al Duca di Clarence e Lord Hastings, entrambi interpretati dal bravo Marco Cavicchioli, inquietante e clownesca maschera di moderni “mostri”, fino al Duca di Buckingham, tragicomico arrivista (gemello di “Beetlejuice” di Tim Burton).
Lo stesso non si può dire dei personaggi femminili, Lady Anna, la Duchessa di York, la Regina Elisabetta che conservano il loro profilo tragico, consumate e perse nel dolore di madri e mogli i cui figli e mariti vengono barbaramente uccisi per mano di Tyrell su ordine dell’insaziabile Riccardo, le quali si oppongono all’orrore con la forza delle loro maledizioni, “povere regine dipinte” spettatrici della crudele mattanza, la cui fine sarà segnata dall’irruzione di un tardivo residuo di coscienza rianimata dai fantasmi che faranno visita al Re tiranno, ficcandone la volontà distruttrice.
Cinematografiche anche le musiche originali di Pivio e Aldo De Scalzi, perfino quelli che possiamo definire veri e propri titoli di coda, un immaginario che attira e piace ai giovani e giovanissimi che alla prima milanese hanno infatti riempito la sala del Piccolo Teatro Strehler, acclamando gli attori come star del cinema; un risultato non da poco anche se, si sa, Shakespeare questo è: uno specchio del tempo, senza tempo.
di Aglaia Zannetti
5 marzo 2014