Festival Immersioni 2023, gli altri volti di Milano

Dal 6 al 10 settembre 2023 si è svolto al Piccolo Teatro di Milano che lo coproduce insieme a mare culturale urbano, il Festival Immersioni 2023. Il progetto giunto alla seconda edizione, è ideato e diretto da Andrea Capaldi che crede nella necessità di riavvicinare i processi creativi alle persone.
Punta a fotografare, attraverso una restituzione teatrale di nuova drammaturgia e nuove pratiche teatrali, i volti di Milano più nascosti, più fragili, meno patinati.
I giovani artisti selezionati con un bando internazionale infatti, vivono residenze artistiche nel quartiere periferico scelto, in dialogo continuo con i suoi abitanti e le associazioni del territorio.
Il Piccolo Teatro quindi si fa carico di una missione sociale che travalica il cartellone e lega il teatro alla città con un dialogo profondo. Da una parte si apre all’ascolto di giovani artisti e alle loro visioni della città. Dall’altro, con le sue pratiche performative diventa soggetto attivatore di un’identità culturale necessariamente plurale.
Il Festival Immersioni 2023 ha regalato una sorta di mappatura artistica di quattro quartieri.
Gli artist* Carolina Balucani, Arianna Lodeserto, la compagnia FanniBanni’s, Claudio Larena e Xlee, hanno stimolato la partecipazione attiva delle comunità di Quarto Oggiaro, Affori, Lambrate-Ortica, e Chinatown.
Oltre alle performance esito delle residenze, il Festival si è arricchito della collaborazione con il MiX Festival di Cinema LGBTQ+. Molti inoltre gli spettacoli, i flashmob, gli incontri e dj set.
Ricordiamo El nost Milan – Una festa di comunità, una lezione aperta performativa di Serena Sinigaglia con la partecipazione straordinaria di Lella Costa, per raccontare il percorso di arte partecipata e costruzione di comunità che ATIR svolge da 25 anni a Milano; e #ITALIANSTORIES, il progetto del Piccolo Teatro di Milano e del Ministero degli Affari Esteri per raccontare l’Italia per il Teatro italiano nel mondo.
Il Festival Immersioni 2023: momenti di riflessione anche per chi tra gli spettatori, è convinto di conoscere bene Milano.
“Persona Unica” per esempio, scritto, diretto e interpretato da Carolina Balucani e Arianna Lodeserto, è la performance su un cortile-labirinto di un’antica casa popolare in via Cogne, a Quarto Oggiaro. Pensato inizialmente dalle due artiste come laboratorio per adulti, si è trasformato invece in un laboratorio per bambini e bambine italiani e stranieri, in quanto unici iscritti.
L’infanzia è diventata così uno spazio da esplorare e la lente piena di stupore attraverso cui guardare alcune storture di questa città che può essere anche feroce e nascondere, all’ombra di scintillanti boschi verticali, “vita agra”. L’enorme cortile recintato cui si affaccia il grande caseggiato sembra, di giorno, un palco teatrale. Niente di quello che va in scena resta, tutto si smonta e si ricostruisce il giorno seguente. Qui sfilano persone, bambini, vite. Sono personaggi per un momento. Vogliono dire qualcosa, in un attimo di gioia o strazio.

La voce e la drammaturgia delicata di Arianna Lodeserto che introducono lo spettacolo e accompagnano i filmati e le foto anche in bianco e nero proiettate sullo schermo, lasciano intravedere alcuni percorsi dolorosi che minano il diritto all’infanzia e pesano già su questi bambini e sugli adulti che li circondano. Si intravedono le difficoltà quotidiane, la corrente staccata, la solitudine degli anziani.
Carolina Balucani dà vita, con la sua drammaturgia, multiformi registri narrativi e dialetti diversi, ai personaggi che attraversano il cortile: la vecchia sola, piena di tenerezza e abitata dalla demenza, la bimba che non scende, la ragazza madre che si è battuta per ottenere un alloggio con un bagno e non con la turca, la mamma sudamericana fiera del figlio studioso.
In sala sono presenti i bambini che hanno partecipato al seminario. Sono venuti con alcuni adulti, grazie ad un pulmino messo a disposizione dagli organizzatori. Si percepisce il loro entusiasmo, lo stupore nel vedersi raccontati insieme al loro mondo, che sfila in piccoli filmati, su un grande schermo.
Questa esperienza, ci racconta una madre, ha unito molto i nostri bambini, che forse per la prima volta si sono sentiti parte di una collettività.
Ai nostri occhi, essa è un piccolo doppio miracolo. Non solo perché le due artiste non scivolano nella dolce tentazione egocentrica di creare un atto performativo di impatto e con umiltà e delicatezza ci restituiscono invece, da testimoni sensibili quali sono, un pezzo di realtà poco visibile. Ma perché suggeriscono un modo per accompagnare l’infanzia, metterla al centro, ascoltarla e proteggerla da una possibile deriva di violenza giovanile che proprio in questi giorni viene trattata dal governo come un’emergenza da risolvere con strumenti repressivi capaci di catalizzare un facile consenso. Questo lavoro racconta di come si possa cambiare il contesto e dell’urgenza di politiche giovanili, di adulti credibili, di assistenti sociali, di attività di gruppo.
