Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte
“Una cosa è interessante se diventa oggetto di riflessione e non perché è una cosa nuova”.
Al Teatro Fonderie Limone di Moncalieri è in scena la rappresentazione dello splendido romanzo di Mark Hoddon “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” (pubblicato nel 2003 a cura di Einaudi). Il libro è diventato in fretta un caso editoriale, già dalla sua prima uscita sul mercato letterario: per la sua freschezza e originalità, ma soprattutto per la delicatezza con cui affronta la tematica dell’autismo che colpisce un adolescente e i suoi genitori.
L’adattamento teatrale viene presentato per la prima volta in versione italiana, prodotta da Teatro dell’Elfo e dallo Stabile di Torino, con la regia curata da Ferdinando Bruni e Elio De Capitani. Un cast di dieci attori che si muovono sul palcoscenico in maniera dirompente, spezzando la regola della loro mobilità solo sul palco, andando ad avvicinarsi ulteriormente al pubblico, passando rapidamente da una storia rappresentata ad una storia vissuta.
Christopher ha 15 anni ed è affetto dalla sindrome di Asperger: una forma di autismo che lo porta ad avere dei disturbi comportamentali, come il fatto di non poter nemmeno lontanamente sopportare il tocco non solo di una persona estranea, ma anche dei suoi stessi genitori, che hanno imparato a creare un contatto con lui solo tramite i palmi della mani.
Questo gesto verrà riproposto parecchie volte durante lo spettacolo, perché è insieme l’ancora di salvezza non soltanto del protagonista, ma anche di tutti noi che stiamo assistendo ad un equilibrio familiare che va in pezzi nel momento in cui la mamma di Christopher se ne va di casa perché si innamora di un altro uomo, ma anche di un padre che si ritrova di colpo con un figlio nel pieno dell’adolescenza che già di per se stessa sarebbe difficile da gestire e in più suo figlio va seguito, va controllato.
In realtà Christopher dimostra di avere le piene capacità di fare cose e di sviluppare pensieri che le persone più comuni non sarebbero in grado di fare nemmeno in età adulta: si sa prendere cura del suo topo domestico, facendo attenzione che abbia sempre acqua fresca e che si trovi al caldo e al riparo dalle intemperie, ma ha anche imparato che non si devono raccontare le bugie MAI, quindi non riesce a darsi pace quando il cane della sua vicina viene ritrovato ucciso con un forcone da giardino. Qualcuno ha compiuto un atto così orrendo e nessuno si preoccupa di scoprire l’assassino e allora lui, dotato di quella sensibilità e acume non comuni, decide di risolvere il mistero.
Andando avanti nella storia Christopher si ritrova a risolvere ben più di un mistero singolo, sollevando verità che qualcun altro aveva sepolto negli anni per proteggerlo e per non farlo soffrire: l’unica persona a cui lui si affida è la sua insegnante di sostegno Siobhan, che lo segue appunto e lo aiuta non soltanto a sfruttare le sue incredibili competenze logico-matematiche, ma anche a distinguere cosa sia bene e che cosa non lo sia, come uscire da una situazione di difficoltà semplicemente mettendo un piede davanti all’altro, senza fretta e respirando lentamente.
Il giovane Daniele Fedeli interpreta in maniera stupefacente il protagonista dello spettacolo, che parla velocemente quando deve rispondere a delle domande, per paura di perdere quei dettagli che il suo cervello ha già raccolto e immagazzinato, che quando è arrabbiato si tira su il cappuccio della felpa rossa e ci si nasconde dentro, che però cerca e allo stesso tempo accetta il contatto palmo contro palmo con la sua mamma e il suo papà, che alla fine riesce a capire come anche gli adulti possano sbagliare e che il concetto del perdono (a lui così sconosciuto) sia in realtà un sentimento nobile e che dà tanto a chi lo concede come a chi lo riceve.
Pensieri da adulto nella mente di un adolescente che scopre come nella sua vita tutto quello che credeva di non poter fare e di non poter capire, in realtà è più semplice ancora nel momento in cui la sua famiglia impara a capirlo e sostenerlo, di modo che possa davvero “fare qualsiasi cosa”.
Rebecca Cauda