“Novecento”: la storia di un uomo, raccontata al Gobetti

“Non sei fregato veramente fin quando hai da parte una buona storia, e una persona a cui raccontarla”.
Al teatro Gobetti di Torino, inaugura la stagione 2018 – 2019 lo spettacolo tratto dal monologo di Alessandro Baricco, con la regia di Gabriele Vacis e la magnifica interpretazione di Eugenio Allegri.
Un momento per riflettere, un istante per pensare all’umanità e al suo funzionamento: lo scrittore torinese, e fondatore della scuola Holden, lo sa fare molto bene e lo ha sempre fatto, fin dai suoi primi esordi come compositore di parola scritta su carta. In questo piccolo monologo, uscito e pubblicato nel 1994 e portato sulle scene per la prima volta proprio dai protagonisti sopra citati, Baricco descrive un pianista tutto particolare, un genio della musica, una personalità che potrebbe definirsi strana, ma che poi in realtà si scopre essere più profonda e accorta di tutte le altre più “conformi” alla normalità.
Quando si legge un monologo all’interno di un libro, la sensazione è quella di star chiacchierando direttamente con la persona che, in quel preciso istante, ti sta raccontando una storia, un fatto, un avvenimento; quando lo si sente recitare in un teatro, la sensazione rimane largo circa la medesima, con la differenza che si rompe la distanza tra chi racconta e chi la ascolta, perché fisicamente si è l’uno di fronte all’altro.
Eugenio Allegri, che dà vita al suo emozionante alter ego Danny Boodman T. D. Lemon “Novecento”, ha un’energia che si percepisce durante l’intera durata dello spettacolo. Non soltanto perché si muove continuamente sul palcoscenico, alle volte camminando, alle volte correndo, alle volte saltando, ma anche per come riesce a modulare la sua voce, per caricare di maggiore enfasi determinati momenti del racconto, per fare da accompagnamento lui per primo alla musica che parte come sottofondo. Un grido acuto qui, una risata a crepapelle lì, un cambio repentino e la voce diventa bassa e profonda per esprimere un dolore, e ritorna immediatamente divertita per recitare una battuta, come quella che disse un giovane Novecento al capitano della nave: “In culo il regolamento”.
Il pubblico ride per una buona metà dello spettacolo, proprio grazie a questo personaggio che riesce a dare vita al trombettista che racconta la storia del pianista che non volle mai scendere dalla nave e allo stesso Novecento, che nella sua semplicità e nel suo estro musicale, riesce a lasciare senza fiato non soltanto chi lo ascolta suonare, ma anche tutte le persone che ebbero a che fare con lui sulla nave.
Di colpo poi arriva la consapevolezza, come uno schiaffo: quello che stai ascoltando è finzione, è una storia, non esiste Novecento. Eppure per come Eugenio Allegri riesce a rappresentare l’intera vicenda, tu spettatore sei davvero sicuro che quel racconto sia reale, che quei personaggi siano davvero esistiti, che quelle melodie improvvisate dal pianista qualcuno le abbia davvero ascoltate. Questa è fuori da ogni dubbio, la migliore qualità che un attore possa avere: saperti coinvolgere a tal punto che tu sei dentro la storia, sei quasi il protagonista, pur rimanendo sempre e comunque seduto in poltrona.
Una caratteristica che ad oggi appartiene soltanto più al teatro, a questo tipo di spettacolo, con un attore come Eugenio Allegri, che ha messo insieme tutte le sue capacità per farci vivere un’esperienza oltreoceano.
L’ultimo momento dello spettacolo, di riflessione non soltanto del protagonista, ma anche di riflesso di tutta la platea, ha una potenza tale per cui sull’ultima sillaba recitata le persone cominciano ad applaudire, con gli occhi lucidi, perché quella è una reazione spontanea, completamente volontaria, legata in maniera inestricabile alla grande interpretazione dell’attore e alle parole di Alessandro Baricco.
Rebecca Cauda