Debutto romano di Ascanio Celestini al Palladium con lo spettacolo “Discorsi alla nazione”

Il nuovo spettacolo di Ascanio Celestini “Discorsi alla nazione“, al debutto a Roma ed in scena al teatro Palladium dal 7 e fino al 19 Maggio, nasce sotto forma di studio, attraverso la rielaborazione di testi scritti dell’abile cantastorie romano nell’ambito di precedenti produzioni teatrali e di frammenti di racconti del tutto inediti , ricreando un puzzle in cui ogni tassello viene ad trovare la sua posizione, ma come Celestini tiene a ribadire nel prologo iniziale, un mosaico ancora in fase di perfezionamento in cui le singole tessere potranno essere modificate in corso d’opera al fine di raggiungere una più armonica ed organica struttura. Nella luce scura e blu del palco, con il rumore di una pioggia incessante resa dal cadere cadenzato di una goccia d’acqua, si snodano le storie di cinque condomini di uno stesso palazzo, cittadini (o meglio sudditi) di uno stato in rovina, dilaniato da una perenne guerra civile tra aspiranti tiranni. Tra la scarna scenografia, i cinque personaggi, illuminati da una flebile luce, si raccontano, dandoci un quadro della loro vita privata e della violenza che alberga nel loro animo, figlia e allo stesso tempo madre della realtà che si trovano a vivere. Forte ed crudo è il parlare dei personaggi che Ascanio Celestini porta sulla scena, parole violente che vogliono far riflettere sull’oscenità del linguaggio verbale a cui nell’età dei mass media siamo costantemente sottoposti, divenendo di fatto assuefatti ad un parlare esasperato. L’uso costante ed ripetitivo di vocaboli di tale forza ha come conseguenza il logorio della parola stessa, che abusata, perde il suo significato originario divenendo semplice rumore che scivola all’udito. Tutti e cinque i condomini del metafisico stato creato da Celestini hanno in comune l’aver smarrito la propria umanità, aver perso il senso della vita e qualsiasi sentimento di vera solidarietà, divenendo grigi e vuoti come la realtà e la pioggia che li circonda. Nel finale trova spazio il discorso del tiranno vincitore, colui che riporterà ordine dopo la guerra civile, unico costo: la libertà. Nel discorso finale del dittatore Ascanio Celestini riflette sul significato di tirannia e democrazia, arrivando ad sostenere, attraverso il proprio personaggio, come le due cose siano in realtà due facce della stessa medaglia, e che la sopraffazione del più debole non è prerogativa del dittatore, ma ogni individuo, anche della più bassa condizione sociale, fa parte del meccanismo della tirannia stessa e la alimenta ,come una sorta di piccolo ingranaggio, cosi che l’invisibile tende sopraffare chi è più invisibile di lui, e il povero chi possiede ancor meno di lui. Indiscutibile l’abilità oratoria di Ascanio Celestini, che ammalia, coinvolge e trascina, nell’universo che racconta, lo spettatore il quale si ritrova travolto piacevolmente dal turbine di storie del paroliere romano.
Damiano Rossi (Redazione Roma)
8 maggio 2013