Al via la legge dell’UE sul ripristino delle aree naturali
Dopo mesi di attesa, finalmente il Consiglio Ambiente dell’Ue ha accolto la proposta di legge sul ripristino della natura. Il regolamento era stato proposto a giugno 2022 dalla Commissione europea allo scopo di ripristinare aree naturali degradate. La proposta fa parte del pacchetto Green Deal. Infatti, data l’opposizione di Italia, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Finlandia e Svezia – con l’astensione del Belgio – l’ago della bilancia è stato rappresentato dal voto favorevole dell’Austria. Infatti, si è raggiunta la maggioranza di almeno 15 stati su 27. Ma la questione rimane fumosa: il sì della ministra dell’Ambiente Leonore Gewessler è stato seguito dall’annuncio dello stesso governo austriaco di voler ricorrere alla Corte di Giustizia europea. In particolare, il governo chiederà l’annullamento del voto in quanto contrario alle indicazioni originarie.
Il provvedimento della Commissione
La legge sul ripristino delle aree naturali degradate è un tassello molto importante della strategia europea sulla protezione della biodiversità. Soprattutto in vista degli impegni assunti con l’accordo di Kumning-Montreal. Cosa ha di particolare questo provvedimento? In sostanza, non si limiterà a proteggere le aree naturali sane, ma a riqualificare anche quelle degradate tramite un programma che si articolerà in tre fasi: la prima, in cui entro il 2030 si dovrà ripristinare il 30% degli ecosistemi; la seconda, in cui entro il 2040 si dovrà raggiungere il 60% di aree ripristinate; infine, la terza, in cui si dovrà arrivare a ripristinare il 90% degli ecosistemi entro il 2050.
Per far ciò sarà fondamentale che i governi forniscano i rispettivi piani nazionali di ripristino delle aree che saranno periodicamente recapitati alla Commissione europea. I piani saranno fondamentali per fornire una strategia concreta su come raggiungere gli obiettivi prefissati. L’accordo raggiunto ieri rappresenta un freno d’emergenza confermato dal Consiglio Ue per affrontare i problemi relativi alla sicurezza alimentare. Invece, al 2033 è fissato l’appuntamento di revisione e valutazione dell’applicazione del regolamento nei vari settori agricolo, forestale e della pesca. C’è anche la possibilità che la Commissione europea possa sospendere fino a un anno l’attuazione di queste norme in campo agricolo in caso di “gravi conseguenze a livello comunitario per la sicurezza alimentare”.
L’opposizione dei sindacati alla legge
Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, ha dichiarato preoccupato che la legge sul ripristino della natura possa danneggiare i sistemi agricoli. Infatti, non risponderebbe in modo efficace alla necessità di conservare un equilibrio tra sostenibilità ambientale, economica e sociale. Un equilibrio fondamentale all’attuazione del Green Deal Ue. “Pur condividendo pienamente gli obiettivi alla base della normativa comunitaria per la tutela della biodiversità, non possiamo mancare di ricordare i possibili rischi legati all’impatto di un simile provvedimento sull’agricoltura e, in particolare, sulle superfici agricole, dalle quali la tutela della biodiversità non può assolutamente prescindere” ha aggiunto il presidente della Copagri Tommaso Battista.
Non è da meno neanche Confagricoltura che menziona una certa “preoccupazione” in merito al fatto che la Nature Restoration Law andrebbe a mozzare la forza produttiva del settore primario. Inoltre, nonostante siano stati apportati alcuni miglioramenti rispetto alla stesura iniziale “il testo rimane insoddisfacente poiché non tutela la superficie agricola e non prevede fondi adeguati a raggiungere gli obiettivi fissati”. Addirittura, Coldiretti ha parlato di “provvedimento ideologico”. Infatti, nonostante siano state eliminate le misure che avrebbero inficiato negativamente sulla produzione agricola italiana, il testo rappresenta in ogni caso un “compromesso a ribasso” pur essendo migliore rispetto alla sua prima stesura proposta dalla Commissione.