L’incantevole leggerezza delle canzoni di Lucio
A vent’anni dalla scomparsa Lucio Battisti viene ricordato con nostalgia e emozione.
Le sue canzoni parlavano di sentimenti e normalità in un’epoca in cui tutto era politicizzato e la canzoni per avere successo dovevano essere impegnate.
Lui no, lui cantava di acque azzurre e chiare, di una donna scelta per amico e di un amico che con il cacciavite in mano era in grado di regolarti il minimo per farti viaggiare.
Fu un unicum nella musica leggera dell’epoca, cantava con una voce sulla quale nessuno avrebbe scommesso, non aveva l’estensione vocale di Baglioni, né l’accento drammatico di Cocciante, semplicemente incantava e rendeva poesia i testi che Mogol scriveva per lui.
Con leggerezza la sua voce planava sugli umori di un momento di grande cambiamento sociale cantando il suo canto libero dalle mode, i suoi cieli immensi che promettevano immenso amore e il sole dietro la collina.
Era timido e malinconico e nel 1979 si ritirò dalle scene.
Nella sua ultima intervista spiegò così le ragioni di questa scelta: “Per continuare la mia strada ho bisogno di nuove mete artistiche, di nuovi stimoli professionali, devo distruggere l’immagine squallida e consumistica che mi hanno cucito addosso. Non parlerò mai più perché un artista deve comunicare solo per mezzo del suo lavoro. L’artista non esiste, esiste la sua arte.”
Rifiutò di esibirsi per gli Agnelli al Teatro Regio di Torino, nonostante il compenso da capogiro che gli venne offerto.
Ci ha lasciato sommessamente, senza i clamori che la sua fama avrebbe comportato.
Di Battisti restano le sue immagini da ragazzo, le canzoni che hanno parlato di ognuno di noi e quella leggerezza incantevole di cui il nostro tempo avrebbe tanto bisogno.