26 anni dalla morte del giudice Giovanni Falcone, la lotta alla Mafia non deve arrestarsi

23 maggio 1992, ore 17:58: Il giudice Giovanni Falcone assieme alla compagna Francesca Morvillo e la scorta perdono la vita in uno dei più grandi attentati della storia, la strage di Capaci.
In un tunnel sotto il tratto di autostrada che collega Palermo a Mazzara del Vallo vennero nascosti 500 chili di tritolo. La responsabilità dell’attentato fu riconosciuta al Consiglio regionale di Cosa nostra con a capo Salvatore Riina e Matteo Messina Denaro.
Giovanni Falcone assieme a Paolo Borsellino, il quale morirà 2 mesi più tardi in modalità analoghe, hanno svelato e dimostrato Cosa nostra come organizzazione mafiosa. La loro “colpa” fu di avere realmente e profondamente creduto di poter estirpare la matrice mafiosa dal nostro paese. La battaglia dei due giudici inizia con il maxiprocesso nel 1986, durante il quale riescono a dimostrare che Cosa nostra è reale ed è un tessuto solido e ben radicato che non riguarda esclusivamente la piccola criminalità. Ricordiamo che a Palermo tra il 1981 e il 1983 furono perpetrati 600 omicidi in una guerra per il controllo di Cosa nostra. Durante il maxiprocesso furono assegnati 19 ergastoli e 400 imputazioni per un totale di più di 2500 anni di carcere. Il progetto dei due giudici prende forma, diventano simbolo della libertà e di una Sicilia sempre più stanca e malata. L’organizzazione mafiosa dopo la sconfitta al maxiprocesso inizia a riprendere campo, si rialza e realizza che i giudici stavano raccontando di una realtà di cui nessuno aveva mai osato parlare prima. Il 12 marzo arriva il primo segnale delle intenzioni di Cosa Nostra, l’uccisione di Salvo Lima, vice di Giulio Andreotti ed eurodeputato. La morte di Lima, per la prima volta, intimorisce i giudici, entrambi comprendono bene quel che sarà. Non si fermano, anzi, la paura è lo spunto per fare di più. Giovanni Falcone accetta la nomina come superprocuratore, ruolo che gli avrebbe concesso un potere di contrasto mafioso impensabile fino a quel punto.
Dopo gli attentati, la magistratura nel gennaio del 1993 cattura il Boss latitante Salvatore Riina mandante delle due stragi di Falcone e Borsellino. La mafia si evolve. Inizia il periodo della nuova mafia.
Cosa è successo a Cosa nostra?
Alla fine degli anni ‘90 Cosa nostra ha dovuto fare i conti con le stragi, le leggi antimafia, il maxiprocesso e la nascita del Pool. Le mafie storiche hanno subito una deframmentazione. L’economia e l’ingresso di piccole organizzazioni criminali fuori dalla Sicilia hanno fatto sì che la mafia si espandesse in tutta la penisola, creando mafie locali. Al giorno d’oggi la “cupola mafiosa” è quasi invisibile, un tessuto di clientelismi, di politica malata dove i traffici di droga e prostituzione sono la punta di un iceberg oramai radicato nel sistema italiano. Oggi a 26 anni da quel giorno, nel nuovo contratto di governo stilato tra Movimento 5 stelle e Lega, la parola MAFIA è citata solo una volta. Si esatto. In 57 pagine la parola MAFIA ricorre una sola volta in un paragrafo e non come tema centrale. È giusto stilare un contratto di governo in cui la lotta alla mafia non è una priorità politica e civile?