Effimero Novecento: la storia del costume e del superfluo
Tre insegnanti universitari, Lorenzo Benadusi (Storia della cultura in età contemporanea, Roma Tre), Claudio Giunta (Letteratura italiana, Università di Trento) ed Elena Papadia (Storia contemporanea, La Sapienza) hanno curato Effimero Novecento. Il costume degli italiani (il Mulino), un’opera che potrebbe facilmente affermarsi come vero e proprio manuale.
Il Novecento è un secolo trito e ritrito, specialmente nelle università occidentali. Si tratta di un’epoca fatta di errori imperdonabili (specialmente bellici), di cambiamenti sociali inarrestabili (l’affermazione della società di massa) e di ideologie forti e conseguenti esperimenti utopistici.
Insomma, quando si studia il Novecento, si studiano i fatti storici, le grandi guerre e le espressioni politiche confliggenti che lo hanno caratterizzato.
Questo è un approccio macroscopico che rischia però di rendere la materia piuttosto ripetitiva. Avvicinandosi a un filone avviato dai cosiddetti cultural studies di fine anni Cinquanta, il libro Effimero Novecento si concentra invece sui cambiamenti “in piccolo” della vita privata degli italiani e delle italiane.
Tante menti, in un unico volume, si trovano così ad analizzare «la vita degli individui nelle sue manifestazioni più quotidiane: consumi, costumi, mentalità», arricchendo di gran lunga la narrazione solita che si ha del Novecento.
Perché parlare solo dei “grandi eventi”, quando si può parlare anche del superfluo? Ad esempio, l’opera tratta l’emergente cultura del viaggio (Claudio Giunta), i nuovi modi di arredare la propria casa e organizzare la propria vita, i cocktail party all’americana (Bruno Bonomo), gli “oggetti precari” e le nuove pulsioni consumistiche (Anna Baldini), la televisione (Andrea Minuz), l’emersione e il successo del mondano.
Di rilievo è poi il l’analisi sui mutamenti della visione del corpo, effetto di una lenta (ma certa) emancipazione che caratterizzò il Novecento. Questo avvenne soprattutto con lo sbarco del mondo di Hollywood, con il suo star system e le sue dive, in Italia, specialmente attraverso il medium cinematografico. Sorsero così nuovi canoni di bellezza e nuove tendenze. L’estetica iniziò a diventare una priorità, un bisogno: ecco che assunsero centralità lo sport, i concorsi di bellezza (la prima edizione di Miss Italia si ebbe nel 1946), il mondo della cosmesi e la moda.
La progressiva liberazione del corpo dalle catene del pudore, ebbe effetti anche sulla percezione della sensualità e su come italiani e italiane vivevano l’eros. Ciò fu evidente grazie ai media più consumati dell’epoca: le riviste.
Emblematico in questo fu il settimanale ABC, di cui il libro include alcune pagine: le Lettere con gli Appelli dei «separati» (dove si leggevano annunci del tipo “quarantatreenne desideroso di tenerezza, comprensivo, vorrebbe conoscere signora o signorina disposta a contraccambiare”), le vignette erotiche, gli inserti fotografici.
Proprio questo approccio visivo, microscopico, concreto rende Effimero Novecento un’opera fresca e che dovrebbe farsi strada nelle università, per ravvivare lo studio del secolo degli estremi. Si eviterebbe così la stagnazione nel semplice studio degli avvenimenti, delle guerre e delle dittature.
La storia dei fatti e dei dati potrebbe così diventare anche una storia delle vite, delle persone, delle voci. Solo empatizzando con esse si può veramente rendere il passato più vicino e tangibile, che è il modo migliore per studiare la storia.