Le inconfessabili pulsioni

Per alcuni il superamento dei trent’anni ha portato uno stravolgimento della vita forse impensabile. Senza accorgersene tutto è arrivato senza troppo preavviso: il lavoro stabile, il matrimonio, la famiglia, i figli. Ci si è ritrovati a diventare mariti, padri e il ruolo di figli e, alle volte, di nipoti si è in parte ribaltato. In una vita che all’apparenza si placa, grazie alla routine domestica e agli impegni familiari, alle volte, profondamente urlano pulsioni che faticano a sopirsi e, se non placate, conducono a stravolgimenti inimmaginabili.

Nelle pagine de Il bene che ti voglio, nuovo romanzo di Sandro Frizziero, edito da Mondadori, troviamo questa torbida forza delle pulsioni accompagnarci per l’intera narrazione.
Alessio Gorgosalice, questo inetto di nuova generazione che tanto piacerebbe a Svevo, vive nel Veneto centrale, ha sposato Isabella, moglie perfettamente borghese, prendendo in dote un suocero opprimente e un lavoro che di certo non lo entusiasma. Ma la notte della Vigilia di Natale, spinto da un irrefrenabile bisogno di interrogarsi si dirige a Villa Pace, residenza per anziani dove nonna Armida, ormai spenta dalla demenza senile, attende la fine. Qui, in un lungo dialogo a una sola voce, si consuma l’analisi di un animo in balia di un’esistenza travolgente e incontrollabile. In Alessio convive il bene per Isabella, la moglie, ma urla anche la passione viscerale per Barbara con cui intrattiene una relazione extraconiugale.
Quanto l’amore è davvero in grado di moltiplicarsi? Ed è amore la pulsione sessuale verso l’altro quando vi è anche affetto?
Siamo soliti fare abuso di questa parola ma Alessio è spinto dal bene, un bene assoluto verso Isabella ma, finisce come una farfallina del cibo, invischiato in Barbara.
“Che poi, aveva suggerito una volta Barbara, noi pensiamo di avere su tutte le creature, specie sulle creature più infime dell’universo, una sorta di superiorità intellettuale, ma non è affatto così. La cosa è perfettamente rovesciata, in verità, perché noi per loro non siamo niente e, invece, loro per noi sono molte cose. Ci infastidiscono, ci tediano, magari ci fanno anche paura, come succede con le api, gli scarafaggi o i topi, mentre loro non ci degnano nemmeno di uno sguardo. Al massimo siamo elementi di passaggio (e di paesaggio), o ostacoli da scansare che dir si voglia, esseri di cui prosciugare il sangue, che riforniscono dispense, talvolta distruggono nidi, ma non così di frequente. Bisognerebbe scriverla una storia naturale basata sull’Indifferenza.”
Sembrerebbe tutto ridursi a un ménage à trois, ma nei lunghi flussi di coscienza che liberano Alessio dal peso delle sue azioni si sente l’intensità del “bene” soggettivo, quello che ognuno di noi nutre verso l’altro. Questo romanzo, ci lascia riflettere su come ci adoperiamo per fare del bene, in un continuo squilibrio tra dare e avere, speranzosi di ricevere ciò che non sappiamo chiedere.

Sandro Frizziero, dopo Confessioni di un Neet e Sommersione con cui nel 2020 è arrivato secondo al Premio Campiello, ha dato vita a un’opera in cui si percepisce sin dalla prima pagina le difficoltà che tutti noi abbiamo di confessare a noi stessi i nostri più turpi desideri, convinti ciecamente di operare nel (nostro) bene. Una scrittura ironica e tagliente che è in grado di smorzare i più intensi momenti di introspezione, per un romanzo che, dopotutto, racconta la difficoltà di comunicare, in primis, con noi stessi.