La vita dal buco della serratura – Uno shock di Keith Ridgway

“C’è un occhio alla parete, che luccica, stranissimo, in tutto e per tutto vivo. E sta guardando lei. Sembra impossibile da capire, ma Maria non ha paura, non grida. Per lei è uno shock. Forse la storia sarebbe dovuta cominciare così.
Forse è così che comincia”
Uno Shock, scritto dalla mirabile penna di Keith Ridgway ed edito dalle Edizioni Sur, mantiene la promessa del titolo: Uno shock.
E’ un pugno nello stomaco, una sberla ben assestata sulla faccia, una di quelle che ti lascia il segno, un colpo inaspettato che fa più male proprio perché non previsto.
In una Londra che non include si rincorrono e si intrecciano le vite di personaggi comuni, di persone rassegnate, sognatrici, speranzose, disilluse, impotenti, abuliche, disincantate.
Si parte dalla fine, o dall’inizio? Ce lo dice Ridgway “Forse la storia sarebbe dovuta cominciare così. Forse è così che comincia”.
In effetti le nove storie di cui è composto Uno Shock all’inizio appaiono misteriose, come se fossero a sé stanti, come se non fossero connesse ma, man mano che si avanti nella lettura, si svela quel cerchio perfetto che le unisce dalla prima all’ultima.
C’è tutto l’alfabeto delle emozioni umane, i mostri che ci accompagnano, le debolezze, le delusioni, i sogni infranti, la mancanza di coraggio. Possono sfuggire i protagonisti alle loro paure?
Esiste il coraggio di cambiare o di accettare il proprio destino?
“Pensò anche all’amore, ai segreti, alla lealtà: granelli di polvere sullo sfondo della sua grande confusione”. Maria, il personaggio di spicco del libro, è arrabbiata con la vita ma la vita si vive nonostante i problemi; il lavoro come assistente bibliotecaria per una scuola di studenti facoltosi la mette davanti alle loro differenze e la sua rabbia si esprime, per darle più forza, per accentuarla, con una specie di scrittura quasi sillabica “ nien, te, che, non, aves, se, male, detto”.
David, Stan, Gary, Maria, Stocker, Anna, i ragazzi gay della festa, tutti passano, prima o poi, al pub di Harry che tutto racchiude anche i fantasmi di Harry che, tappato in casa, dopo la chiusura del pub, si mette i tappi alle orecchie per paura di sentire i topi.
I topi che la fanno da padroni nel suo pub, i topi che si animano e che hanno nomi, Troubadour Ann e suo fratello Altar Phen, che ricordano La schiuma dei giorni di Boris Vian e che sono ricorrenti nelle paure di Stan.
E’ crudo Ridgway, a tratti violento, a tratti parossistico, nel raccontare paure che infiammano le parole dei personaggi con monologhi lunghi, esasperanti, quasi senza segni di interpunzione, a denotare l’ansia e la frenesia della mente. Non c’è coscienza di sé ma solitudine, immaginazione che non porta al cambiamento, al riscatto. Tutto tace, tutto rimane immoto sovrastato da un senso di impotenza che sa di rabbiosa accettazione.
Uno Shock è come uno schiaffo che brucia e che risveglia le anime costrette a guardarsi dentro.