Etienne Balibar legge Schmitt: “lo spettro del dio mortale”
Il sistema di multi-crisi contemporaneo interroga senza indugi sul significato stesso del potere e sull’origine della forza dell’autorità. La crisi derivata dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina solleva con forza interrogativi sull’origine stessa del potere, della sua intima natura. La norma, la legge, il sistema giuridico sembrano non in grado di contenere dinamiche complesse, gruppi sociali liquidi e articolati, fenomeni degenerativi autoimmuni del sistema economico. Rivoli continuamente sfuggono alla forza del Legislatore, all’ordine normativo, nazionale in primis ma anche delle istituzioni sovranazionali, sia questo un federalismo europeo o forme di aggregazione costruite sulla base di aree produttive interconnesse.
Il proceduralismo normativo sul modello kelseniano sembra nuovamente cedere il passo ad una necessaria ricerca dell’intimità del potere. La norma può essere autoregolatrice di sé stessa? Un sistema prettamente giuridico può sorreggere il peso di crisi ripetute? La specializzazione del lavoro, i meccanismi di produzione ad alta tecnologia, i sistemi di comunicazione a rete, mostrano dinamiche parcellizzate in grado di superare le maglie di un’interpretazione meramente ancorata all’autolegittimazione della legge.
Il passaggio della contemporaneità riporta alla ricerca di un fattore originario, di un punto che precede la norma, un’origine stessa del potere, il punto costituente del sistema giuridico costituito: la sovranità. La norma contraddice sé stessa e trova nello stato d’eccezione il suo fallimento. Nell’era della multi-crisi Kelsen cede il passo alle categorie del politico di Carl Schmitt. Partendo da Bodin il giurista tedesco ricostruisce l’essenza del potere sovrano e giunge al superamento del neo-positivismo giuridico e neo-kantiano: la norma non è auto-fondativa, la decisione non è nella legge, senza soggetto, non può esserci la sovranità.
Come sottolineano gli importanti saggi del filosofo Etienne Balibar, ripubblicati in traduzione esclusiva dalla casa editrice Rogas, un filo conduttore tra pensiero marxista e schmittiano si riconnette al riconoscimento della sovranità come fattore eccedente l’ordine costituito, una radicalità originaria che costituisce, pur nel tentativo di un suo occultamento nelle sovrastrutture del diritto, la fonte primaria del sistema legislativo. Obiettivo di Balibar è quello di recuperare il pensiero di Schmitt problematizzandolo con l’obiettivo di porre in evidenzia le aporie e le contraddizioni del suo impianto concettuale ma riattivandolo in chiave, non di un sovranismo nazionale, ma di tipo popolare.
Grimaldello del filosofo francese diviene allora la presenza irriducibile del pensiero di Hobbes. Vero specchio, Doppelgänger di Schmitt, il Leviatano hobbsiano rappresenta un nodo gordiano fonte d’ispirazione per il pensatore e giurista tedesco ma allo stesso tempo complessità mai totalmente assorbile nella sua analisi. Lo stato di natura di Hobbes, come noterà Leo Strauss, viene traghettata da Schmitt all’interno stesso del concetto di politico, rinunciando ad un meccanismo di riduzione del legame polemos-polis.
Le profonde riflessioni di Balibar sembrano interrogare la contemporaneità anche sulla crisi del socialismo europeo, troppo diffidente da un recupero di una riflessione critica del concetto originario del politico e deciso a rinunciare in toto al concetto di sovranità in favore di un’accettazione, eccessivamente rinunciataria, dei processi regressivi della globalizzazione su diritti e lavoro.