Pm Di Matteo: ‘Davigo, parole coraggiose’. Alfano: ‘C’è interesse al conflitto’
Se da un lato le dichiarazioni di Davigo hanno attratto polemiche e generato polarità sul fronte politico, dall’altro hanno messo in luce anche una spaccatura all’interno della stessa magistratura, divisa tra coloro che criticano le affermazioni del presidente dell’Anm – Legnini e Bruti Liberati in testa – e chi, invece, vede in quelle frasi una coraggiosa denuncia che toglie di mezzo il velo di Maya dietro al quale sono annidati il malaffare, la corruzione, il clientelismo e la sostanziale – preoccupante – paralisi della politica nel combattere a fondo questi fenomeni.
La scarsa volontà politica di agire in modo sistematico e sistemico, evidenziata dai sostenitori delle parole di Davigo, è stata nuovamente messa in luce nelle scorse ore anche dal titolare dell’inchiesta sulla ‘trattativa Stato-Mafia‘ Antonino Di Matteo, che in un’intervista su Repubblica ha evidenziato come «mafia e corruzione sono ormai facce della stessa medaglia ma mentre i boss sono adeguatamente puniti, i corrotti che vanno a braccetto con i padrini sono garantiti da una sostanziale impunità dalla politica».
Su quanto sostenuto da Davigo, il Pm Di Matteo ha commentato dicendo che si tratta di «parole chiare, coraggiose, la stragrande maggioranza dei magistrati la pensa così. Nei pochi casi in cui si riesce ad acquisire la prova di quei fatti di reato, tutti gli sforzi vengono mortificati dal sistema della prescrizione, che non si riesce a riformare». Insomma, per il Pm mancano gli strumenti – le leggi – che la politica dovrebbe mettere a disposizione per arrivare a sentenza ed evitare la prescrizione; una lacuna che suona come sospetta e – lascia intendere Di Matteo – inviolabile: «Tante assoluzioni o archiviazioni riguardanti esponenti politici fanno riferimento a rapporti accertati con mafiosi, dunque a dei fatti, che però non sono diventati reato. E la politica cosa fa? Si è dimostrata del tutto incapace di reagire, punendo con meccanismi di responsabilità interna coloro che cercano i mafiosi. È molto più facile attaccare i magistrati».
Stando invece a quanto sostenuto dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, le parole di Davigo rappresentano non «uno scontro (tra magistratura e politica), ma un attacco unilaterale che rompe un periodo molto duraturo che sembrava avere riportato a un livello normale la dialettica tra poteri e ordini dello Stato. Evidentemente, c’è un interesse al conflitto, ma la linea del governo è quella di andare avanti offrendo rispetto e pretendendo rispetto. Questo Paese ha visto troppe volte governi cambiare a causa delle vicende giudiziarie e anche Prodi cadde per l’ingiusto arresto della moglie dell’ex guardasigilli. Questo è un governo di nuova generazione, senza tante biografie longeve e lunghi passati in cui scavare. Continuo a sperare che i magistrati contrastino i reati e non i governi e che abbiano sempre chiaro il perimetro che la Costituzione assegna alla loro funzione. Nessuno chiede loro di fare di meno, ma nessuno accetterebbe che andassero oltre».