Cirinnà, unioni civili: ‘a fine mese legge ad hoc’

Cirinnà vs sentenza 138 del 2010
Monica Cirinnà difende il proprio disegno di legge dall’ipotesi incostituzionalità avanzata nelle scorse ore e promette “entro fine mese” che dal Senato “uscirà una legge ad hoc” che non si scontrerà con la sentenza n° 138 del 2010, con la quale la Corte Costituzionale confermò la legittimità degli articoli del Codice Civile che impediscono i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
L’aspetto evolutivo del concetto di famiglia
La Cirinnà ha precisato che “il concetto di famiglia in Italia si è molto evoluto, noi in Parlamento dobbiamo accogliere le istanze di cambiamento che ci giungono dalla società civile”. Questo aspetto evolutivo lo avevamo evidenziato tempo fa e lo ritroviamo anche nella sentenza sopracitata: “non si può ignorare il rapido trasformarsi della società e dei costumi avvenuto negli ultimi decenni, nel corso dei quali si è assistito al superamento del monopolio detenuto dal modello di famiglia normale, tradizionale e al contestuale sorgere spontaneo di forme diverse, seppur minoritarie, di convivenza, che chiedono protezione, si ispirano al modello tradizionale e, come quello, mirano ad essere considerate e disciplinate. Nuovi bisogni, legati anche all’evoluzione della cultura e della civiltà, chiedono tutela, imponendo un’attenta meditazione sulla persistente compatibilità dell’interpretazione tradizionale con i principi costituzionali”.
La Corte, pur confermando nella sostanza il veto per i matrimoni dello stesso sesso, ha riconosciuto l’aspetto evolutivo delle società e con esso la necessità di regolamentare le nuove istanze che emergono, un compito – precisano i giudici della Consulta – che dev’essere assolto dal Parlamento, in considerazione delle misure “adottate da numerosi Paesi che hanno introdotto, in alcuni casi, una vera e propria estensione alle unioni omosessuali della disciplina prevista per il matrimonio civile oppure, più frequentemente, forme di tutela molto differenziate e che vanno, dalla tendenziale assimilabilità al matrimonio delle dette unioni, fino alla chiara distinzione, sul piano degli effetti, rispetto allo stesso”.
Le precisazioni della Cirinnà
Il ddl Cirinnà si occupa proprio di questo ed essendo ancora in fase di gestazione può essere limato a dovere per non intaccare i dettami della sentenza e introdurre – finalmente – norme che regolino le unioni tra persone dello stesso sesso. La Cirinnà su questo punto si era già espressa nelle scorse ore: “nessuna equiparazione tra unioni civili e matrimoni; non ci sono pubblicazioni in comune, non si leggono gli articoli del codice civile durante il rito, si va al municipio coi testimoni e basta: non c’è alcuna equiparazione e sull’adozione da parte del co-genitore decide il tribunale”.
Il Governo corre sul ddl Cirinnà ma è fermo sulla disoccupazione
Insomma, il governo sembra voler imprimere una netta accelerazione al ddl Cirinnà nonostante i dubbi sollevati da più parti, specie dalla Cei. Quest’ultima, attraverso il segretario Antonio Bagnasco, vede il dibattito sul disegno di legge come una “distrazione da parte del Parlamento rispetto ai veri problemi dell’Italia: creare posti di lavoro, dare sicurezza sociale, ristabilire il welfare”. In effetti il ddl Cirinnà sta saturando media e giornali e porta via tempo utile all’Aula ma è un passo che prima o poi si sarebbe dovuto compiere; purtroppo l’Italia – pur essendo un Paese laico – soffre della presenza cattolica negli ambiti di governo e questo rallenta spesso il processo decisionale. Accogliendo tuttavia il ragionamento di Bagnasco, dispiace constatare che lo stesso zelo con cui si parla nei media e con cui si cerca di regolamentare le unioni civili non è quello adoperato per combattere la disoccupazione: mentre si corre per regolarizzare alcune migliaia di persone, il governo si ‘dimentica’ dei milioni di senza lavoro e si accontenta degli zerovirgola elevandoli addirittura a simbolo dell’avvenuta ripresa.