Stato-mafia, Napolitano sotto attacco. Grillo: “Sua reazione è ammissione colpevolezza”. Ingroia: “Deposizione deludente. Doveva essere pubblica”.

ROMA- “Un presidente della Repubblica che fa distruggere i nastri delle conversazioni con un indagato in un processo di mafia, Nicola Mancino, e poi si rifiuta di rispondere pubblicamente (e cosa c’è di più pubblico del presidente della Repubblica?) ai giudici non si è mai visto. Cosa teme Napolitano? Più di così non potrebbe essere squalificato agli occhi dell’opinione pubblica. La sua reazione è già di per sé un’ammissione di colpevolezza”. Così Beppe Grillo, leader del Movimento 5 stelle, attacca il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, all’indomani della deposizione del capo dello Stato nell’ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia.
Attraverso un post al veleno sul suo blog il comico genovese prosegue nel suo attacco insinuando che “forse la sua rielezione è servita proprio a questo, a metterlo in una situazione di massima sicurezza. Lo sapremo in futuro, questo è certo, troppi sono stati coinvolti nella Trattativa Stato-Mafia perché non venga alla luce la verità. qualunque essa sia”.
“C’è qualcosa di inquietante nelle ripetute telefonate di Mancino, al di là del contenuto delle stesse”, aggiunge Grillo, che prosegue sottolineando che “Mancino sapeva di essere intercettato” e quindi “telefonare al Quirinale con l’insistenza con cui lo ha fatto non poteva che inguaiare Napolitano, cosa che poi è puntualmente successa, e quindi ‘ubi maior minor cessat’, l’attenzione si è spostata completamente sul presidente della Repubblica che invece sulle eventuali responsabilità di Mancino che, va ricordato, vide poco prima del suo assassinio Paolo Borsellino nel suo ufficio al Viminale (era allora ministro degli Interni) in cui era presente Bruno Contrada, condannato in seguito in via definitiva a 10 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Borsellino uscì dall’ufficio sconvolto e fumando due sigarette alla volta come testimoniò un suo amico/collaboratore”. “Mancino in seguito non ricordò neppure di averlo incontrato”, conclude Grillo prima di lanciare sul suo blog un sondaggio sulle domande che i giudici della Corte d’Assise di Palermo possono aver fatto al presidente della Repubblica nell’udienza di ieri al Quirinale: “Se sulle risposte di Napolitano ai giudici non sussistono dubbi – scrive – saranno state del tenore: ‘Non c’ero, se c’ero non mi sono accorto di nulla e alla mia età mi appisolo di frequente’, sono invece più interessanti le domande che possono avergli posto i giudici”.
Ma Grillo non è il solo ad attaccare il capo dello Stato. Sulla questione interviene anche l’ex magistrato della Procura di Palermo Antonio Ingroia, secondo il quale “la deposizione di Napolitano è stata utile, ma non determinante e in parte deludente”. L’attuale commissario straordinario della Provincia di Trapani, in un’intervista rilasciata stamane a Radio Città Futura ha spiegato che “il risultato più importante è stato che il Presidente abbia detto che le bombe del ’93 sono state un aut-aut della mafia contro lo Stato”. Per Ingroia questa “è la conferma autorevole che i più alti vertici dello Stato sapevano di essere stati messi sotto scacco dalla mafia e che non sono state bombe di reazione o vendetta, ma bombe di ricatto”. “La deposizione è stata invece deludente sull’aspetto per me più importante, ovvero quello che riguarda l’ex consigliere giuridico del Quirinale, Loris D’Ambrosio”, ha detto l’ex pubblico ministero. “Mi sembra singolare che, di fronte a un lettera che riferiva un fatto enorme come gli ‘indicibili accordi’ e che lo stesso Napolitano avrebbe definito dai toni drammatici, il Presidente non abbia ritenuto opportuno approfondirne il contenuto con lo stesso D’Ambrosio”.
In merito allo svolgimento dell’udienza a porte chiuse, l’ex pm ha ribadito il suo personale disappunto: “Ogni processo deve essere un’udienza pubblica e questa doveva essere la più pubblica delle udienze. La carica più alta dello stato dovrebbe essere una casa di vetro, trasparente per il cittadino e non certo una sala oscura come quella in cui si è ospitata l’udienza, ma così non è stato”.
Donato Notarachille
29 ottobre 2014