Stato-mafia, Tre ore di deposizione al Quirinale. Napolitano risponde a tutte le domande

È durato circa tre ore l’interrogatorio al quale i giudici della Corte d’Assise di Palermo hanno sottoposto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al Quirinale nell’ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia.
Secondo quanto riporta una nota ufficiale del Quirinale il capo dello Stato “ha risposto a tutte le domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa”.
Di più, secondo quanto riferiscono alcuni tra i legali presenti all’interrogatorio, in un paio di occasioni Napolitano avrebbe persino chiesto al presidente della Corte di Assise, Alfredo Montalto, di poter rispondere anche a domande dell’avvocato Luca Cianferoni, legale di Totò Riina, che la Corte non aveva ritenuto ammissibili. ”Presidente, se lei permette voglio accontentare l’avvocato”, avrebbe detto Napolitano, che ha ribadito di volere “rispondere oggi su tutto ed evitare di ripetere nuovamente in altra occasione questo evento”.
La necessità della deposizione del capo dello Stato nell’ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia era stata ribadita dalla Corte nel corso dell’udienza del 25 settembre: i giudici si erano pronunciati sulla richiesta da parte di alcuni avvocati di revocare la deposizione di Napolitano in virtù della lettera inviata dal Colle al collegio giudicante in cui il presidente della Repubblica spiegava di non avere nulla da aggiungere in merito all’oggetto del processo.
La deposizione di Napolitano, la cui “disponibilità” è stata ripetutamente sottolineata dalla Corte, ha riguardato due temi probatori: la lettera scritta al capo dello Stato dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio nel 2012, dopo essere stato sentito dai pm di Palermo, e le informative riservate datate luglio 1993, in cui i servizi segreti mettevano in guardia sull’intenzione di Cosa Nostra di attentare alla vita di Napolitano e di Giovanni Spadolini, all’epoca rispettivamente presidenti della Camera e del Senato.
“Giorgio Napolitano ha riferito che, all’epoca, non aveva mai saputo di accordi” tra apparati dello Stato e Cosa Nostra per fermare le stragi, ha detto Giovanni Airò Farulla, avvocato del Comune di Palermo, lasciando il Quirinale.
Nicoletta Piergentile, legale dell’ex ministro Nicola Mancino, ai microfoni di Sky Tg24 ha spiegato che il presidente della Repubblica, “non ha mai parlato esplicitamente di trattativa e sul fatto di poter essere oggetto di attentato” nel ’92-’93 “ha detto che lui non si era minimamente turbato perché faceva parte del suo ruolo istituzionale”.
Il capo dello Stato, nella nota diramata al termine della sua deposizione ha anche auspicato che la pubblicità di quanto avvenuto sia il più celere possibile. “La Presidenza della Repubblica – si legge infatti nel comunicato del Colle – auspica che la Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione per l’acquisizione agli atti del processo, affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all’opinione pubblica delle domande rivolte al teste e delle risposte rese dal Capo dello Stato con la massima trasparenza e serenità”. Una risposta implicita del capo dello Stato alle tante polemiche che in queste ore ha sollevato il fatto che l’intero atto processuale si sia svolto senza la presenza di organi di stampa. Ieri peraltro era stata respinta dai giudici anche la proposta di far assistere all’udienza un rappresentante per ogni media (televisione, radio, carta stampata, etc.) incaricato poi di divulgare a tutti colleghi i contenuti dell’udienza.
Donato Notarachille
28 ottobre 2014