Il decreto sicurezza e immigrazione sarà legge tra critiche e polemiche

Il decreto sicurezza e immigrazione è stato approvato ieri sera alla Camera con 396 voti favorevoli e 99 contrari. Tra i favorevoli anche le forze di destra che auspicano un imminente distacco della Lega dal M5S: Forza Italia e Fratelli d’Italia. Martedì, sempre alla Camera, era stata invece votata, non senza polemiche, la fiducia al decreto con 336 voti a favore e 249 contrari.
“Il decreto Salvini è legge. La pacchia è finita”
Così riporta lo striscione dei deputati leghisti che stamattina hanno festeggiato in piazza Montecitorio l’approvazione definitiva del decreto sicurezza e immigrazione.
I pentastellati, dopo varie controversie in fase di discussione, hanno deciso di sostenere il decreto in modo compatto, solo in 14 non hanno partecipato al voto. Il deputato 5stelle Francesco D’Uva, durante la fase di interrogazioni dirette, ha dichiarato il voto favorevole del M5S, ammettendo però che il Movimento avrebbe voluto agire sul sistema Sprar con “maggiore sensibilità”.
Pienamente soddisfatto invece il vicepremier Matteo Salvini che subito dopo il voto dichiara: «Sono contento, è una giornata memorabile. Sono felice e soddisfatto».
Già martedì, il ministro dell’Interno non tardava ad esprimere la sua «enorme soddisfazione non da ministro ma da cittadino italiano», rinnovando il suo impegno a tradurre il prima possibile il decreto in legge. «La mia ambizione è lavorare nei prossimi mesi per una completa rivisitazione di tutte le norme che riguardano l’immigrazione».
Salvini: “Non sono interventi spot ma misure organiche”
Con queste parole il ministro Salvini salutava la fiducia al suo decreto sicurezza e immigrazione, probabilmente rispondendo a quanti lo accusano di perseverare nella propaganda leghista, soprattutto via social, e di non dare effettivo seguito alle promesse elettorali.
Con questo decreto viene stanziato un incremento di fondi pari a 3,5 miliardi di euro da distribuirsi in tre anni che permetterà di effettuare un numero insignificante di rimpatri: circa 875 in più in tre anni, calcolando che ogni rimpatrio si aggira tra il 4 e i 10mila euro.
Se da un lato con il decreto si promette di ridurre la capacità di accoglienza dei migranti e di introdurre nuove norme per la sicurezza pubblica, dall’altro le modalità attraverso cui questo dovrebbe avvenire sollevano accesi dissensi.
Le suddette misure organiche in tema di immigrazione riguardano l’abrogazione della protezione internazionale, una revoca più facile e spedita dello status di richiedente asilo nei casi di specifici reati e la riduzione del costo di gestione e mantenimento degli immigrati, anche a fronte di un drastico peggioramento delle condizioni di vita degli stessi.
La protezione internazionale aveva una durata di due anni, consentiva l’accesso al lavoro, alle attività sociali e alla possibilità di usufruire di strutture edilizie popolari. Il decreto sicurezza e immigrazione sostituisce la cosiddetta protezione umanitaria con una serie di permessi speciali di durata massima annuale che fanno capo a protezione sociale, a ragioni di salute e a calamità naturali.
Se il tempo della protezione viene dimezzato, quello nel quale gli immigrati possono essere trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) viene raddoppiato, da 90 a 180 giorni.
L’articolo 3 del decreto infatti predispone che i richiedenti asilo possano essere trattenuti per un periodo massimo di trenta giorni negli hotspot e nelle strutture di prima accoglienza (Cas e Cara) per accertarne identità e cittadinanza. Nel caso in cui questo non fosse possibile nei trenta giorni, anche i richiedenti asilo saranno trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio presumibilmente per altri 180 giorni. Il Consiglio italiano per i rifugiati fa notare che “queste misure si applicheranno anche ai minori che fanno parte di un nucleo familiare”.
Boldrini: “È strategia del caos”
I critici, politici e non, del decreto sicurezza e immigrazione si sono accaniti sul vizio esistente tra gli intenti delle norme e le procedure con le quali si intende realizzarli. In altre parole: sostengono che non soltanto il decreto manchi nell’assicurare legalità e sicurezza, ma che riesca a produrre l’esatto opposto.
Aumentare le emarginazioni e ridurre la capacità di inclusione tramite negazione di permessi e documenti di cittadinanza favorirà l’aumento della clandestinità e delle varie forme di criminalità.
La ex presidente di Camera e deputata di Liberi e Uguali, Laura Boldrini, ieri durante la fase di interrogazioni dirette e dichiarazioni di voto ha introdotto il suo intervento rimarcando la subalternità politica e decisionale del M5S all’alleata politica leghista. Ha sottolineato l’inefficacia dei provvedimenti sulla sicurezza, definendo “pericolose” quelle norme del decreto che liberalizzano la vendita dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose con il rischio che in questo modo tornino a far parte del patrimonio criminale di provenienza tramite prestanome.
Anche Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, si è esposto riguardo al tema delle misure di sicurezza e di contrasto alla mafia presenti nel decreto, definendole «piccole cose, robetta, riforme molto marginali rispetto a quella che è la realtà criminale in Italia, sia comune che organizzata».
Per quanto concerne le norme in materia di immigrazione, la Boldrini ha accusato il vicepremier Salvini di aver completamente disatteso la promessa dei “100 rimpatri al giorno” e di non intrattenere reali trattative bilaterali di riaccoglienza dei migranti con i loro paesi di origine e provenienza.
«È la strategia del caos – aggiunge la Boldrini – che peserà sui migranti e sulle comunità locali» perché anziché incentivare le pratiche di integrazione lavorativa e di alfabetizzazione i migranti saranno costretti alla “passività e all’inattività”.
Erasmo Palazzotto, Liberi e Uguali tocca un altro tema molto delicato, quello dei grandissimi centri di accoglienza, luoghi di sfruttamento e criminalità dilagante, che non vengono praticamente toccati dal decreto sicurezza e immigrazione. Uno su tutti il Cara di Mineo definito da Palazzotto “ghetto che produce naturalmente marginalità sociale”.
Fiano: “dittatura della maggioranza”
Non si sono fatte attendere neanche le critiche dei dem che hanno incalzato, tramite Fiano: «Voi M5S, con la vostra muta complicità state costruendo una dittatura della maggioranza pur dicendo di non condividere norme del decreto. Voi permettete che con un voto di fiducia sulla tenuta di una maggioranza che scricchiola, si calpestino i diritti delle persone e si vanifichi l’uguaglianza dei cittadini. Fate attenzione a quello che state facendo, soprattutto voi che dite di essere contrari e poi chinate il capo».
Anche l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti sostiene che il decreto sicurezza e immigrazione si “rovescerà nel suo opposto”.
Per ridurre l’impunità, più impunità
Oltre l’immigrazione… Antigone Onlus scrive: «con questo provvedimento il governo ha voluto prendere di mira stranieri, manifestanti, occupanti e marginali colpevoli di bivaccare per strade, piazze e adesso anche per gli ospedali. […] I dati diffusi dal Ministero dell’Interno stesso, capeggiato dal ministro Salvini, mostrano però come ormai da anni i reati siano in calo. Non si capisce dunque dove sia l’emergenza».
Uscendo dalle norme strettamente concernenti l’immigrazione, il decreto si occupa anche di temi di ordine pubblico che fanno parte della macroarea della sicurezza. Alcune misure riguardano proprio i manifestanti e prevedono la reclusione da 1 a 6 anni per chiunque blocchi o ingombri una strada. Reato finora punito con una sanzione amministrativa come previsto dalla legge 66 del 1948, ma che adesso verrà risarcita attraverso la detenzione e sarà motivo di rigetto dell’ingresso sul territorio nazionale per gli stranieri.
Oltre i manifestanti non se la vedranno bene neanche gli occupanti, poiché il decreto introduce il raddoppio della pena: se attualmente questo reato è punibile con una pena da 1 a 2 anni di reclusione e una multa tra i 103 e i 1032 euro, il decreto sicurezza e immigrazione moltiplica tutto per due.
Chiedere elemosina torna ad essere reato: quando una certa idea di decoro urbano diventa emergenza sicurezza
L’occupazione abusiva di case e abitazioni nella maggior parte dei casi è dovuta a una vera e propria emergenza e necessità di avere un tetto sulla testa: con questo decreto il tetto che viene fornito in risposta alla povertà è quello di un carcere.
Lo dimostra la reintroduzione del reato di accattonaggio molesto, risalente alle Leggi di Pubblica Sicurezza del Fascismo del 1931. Torna ad essere punibile con la reclusione da tre a sei mesi e con una multa da 3mila a 6mila euro. Tra le altre cose la Corte Costituzionale è più volte intervenuta dichiarando illegittimo il ricorso all’articolo 670 del codice penale che puniva mendicità e accattonaggio.
Questo decreto sottolinea due aggravanti, la frode e la simulazione delle malattie, quindi se un mendicante viene scoperto a fingere malattie o altro per ricevere elemosina è passibile di denuncia e di arresto.
Quali le conseguenze dal punto di vista penale e giuridico? L’investimento di forze dell’ordine, giudiziarie e carcerarie rimarrà uno spreco di risorse economiche: innanzitutto vengono criminalizzate povertà e carità e sul piano pratico, verosimilmente, i mendicanti non andranno in carcere, né riusciranno a risarcire le multe pecuniarie. A risentirne sarà soltanto la magistratura, già piuttosto oberata da centinaia di migliaia di casi fermi, che rischiano continuamente di cadere in prescrizione.
A ciò si affianca anche la disposizione entro 30 giorni per i sindaci delle città italiane di limitare gli orari di vendita degli esercizi commerciali etnici interessati da “fenomeni di aggregazione notturna”.
La polemica sulla revoca del diritto alla cittadinanza
Il decreto sicurezza e immigrazione stabilisce la possibilità di revoca della cittadinanza italiana per le persone ritenute un pericolo per lo Stato, anche se la Corte Costituzione identifica la cittadinanza come un diritto inviolabile e dunque tale disposizione rischia di essere considerata incostituzionale.
A questo proposito si era pronunciato ad ottobre anche il Presidente Mattarella, scrivendo al presidente del Consiglio Conte per riportarlo al rispetto degli “obblighi costituzionali e internazionali dello Stato”. D’obbligo il richiamo all’articolo 10 della Costituzione nel quale “la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici”.
Sconfessare il sistema Sprar farà aumentare gli irregolari
Antonio Decaro, presidente nazionale dell’Anci e sindaco di Bari, parla di un “pericoloso arretramento”. «Si cancella la protezione umanitaria, il che però non cancellerà i migranti: nella migliore delle ipotesi diventeranno irregolari che possono solo occupare immobili o lavorare in nero, nella peggiore si trasformeranno in manovalanza per la criminalità organizzata».
Secondo l’Arci invece è in atto una vera e propria campagna di criminalizzazione contro i richiedenti asilo, tanto che «le città saranno più insicure, le comunità locali e i sindaci si troveranno a gestire più disagio sociale e un numero crescente di irregolari, dovranno far fronte a più conflitti, a una lacerazione sociale maggiore, che sappiamo essere foriera di paure, di una maggiore diffusione del razzismo».