Il punto sulla questione vaccini

Questa estate tra gli argomenti più dibattuti a livello politico rientra la questione sull’obbligo dei vaccini. Tra poco riapriranno le scuole, ma ancora, ad oggi, c’è molto caos su quali saranno gli obblighi per iscrivere i propri figli: la legge attualmente in vigore è ancora quella varata dal precedente governo che prevede l’obbligo per ragazze e ragazzi di effettuare dieci vaccinazioni: antidifterica, antitetanica, antipolio, antiepatite virale B, antipertosse, anti Haemophilus influenzae di tipo B, antimorbillo, antiparotite, antirosolia, antivaricella. L’obbligo è stato introdotto dal decreto Lorenzin 7 giugno 2017, n. 23, che porta il nome del ministro della Salute nel precedente governo Gentiloni. Questa è stata fatta per assicurare una maggiore copertura vaccinale per una serie di malattie pericolose, qui l’infografica del ministero con tutte le spiegazioni.
L’attuale legge Lorenzin e le posizioni del governo
Il nuovo governo, in particolare la componente 5 stelle, si è inizialmente detto contrario all’obbligo delle vaccinazioni, per poi cambiare idea più di una volta, fino alle ultime dichiarazioni del vicepremier Luigi Di Maio, nonché leader del Movimento, il quale ha affermato «Il nuovo anno inizierà in regime di decreto Lorenzin», ponendo dunque fine a tutte le voci che negli ultimi tempi sono circolate a riguardo. Nello specifico si erano distinti nel Movimento la senatrice Paola Taverna, la quale in un filmato racconta di un metodo tutto suo per superare il metodo delle vaccinazioni «Così la zia se sgrugnava tutti e sette i nipoti, tutti e sette i nipoti c’avevano la patologia e se l’erano levata. Funzionava così all’età mia. Adesso devi essere immune da tutto, va bene, ma lo posso decidere io come mi voglio immunizzare» ed il consigliere regionale Davide Barillari, per il quale la politica deve essere superiore alla scienza «Quando si è deciso che la scienza fosse più importante della politica?». Va comunque osservato che le posizioni del Movimento sono tuttora indecise a quanto pare e le indicazioni che emergono dal celebre contratto di governo non sembrano dare ulteriori spiegazioni «Pur con l’obiettivo di tutelare la salute individuale e collettiva garantendo le necessarie coperture vaccinali, va affrontata la tematica del giusto equilibrio tra il diritto all’istruzione e il diritto alla salute, tutelando i bambini in età prescolare e scolare che potrebbero essere a rischio di esclusione sociale». Tuttavia anche la parte leghista non è favorevole alla legge Lorenzin, per l’altro vicepremier Matteo Salvini, infatti, i vaccini che rientrano nell’elenco di quelli obbligatori sono decisamente eccessivi, comportano dei rischi per i bambini ed andrebbero per lo più a giocare un ruolo decisivo solamente per le case farmaceutiche.
La legge Lorenzin permetteva l’iscrizione all’anno scolastico 2017-2018 con un’autocertificazione di avvenuta vaccinazione, a patto che si presentassero i documenti ufficiali entro il 10 marzo 2018, per gli anni successivi rimaneva questa possibilità, con l’obbligo di presentare i documenti entro il 10 luglio dello stesso anno. Il 5 luglio i ministri della Salute e dell’Istruzione, Grillo e Bussetti, hanno inviato una circolare con cui attestavano che non c’è alcun obbligo riguardo alla presentazione di documentazione ufficiale, bensì basterebbe l’autocertificazione per l’iscrizione alla scuola d’infanzia e all’asilo nido, aggiungendo che, d’accordo con la legge Lorenzin, i bambini immunodepressi verranno inseriti in classi con bambini vaccinati. La circolare ha però scatenato il dissenso dei presidi italiani, i quali hanno già affermato che per le iscrizioni rispetteranno solamente la legge Lorenzin, che, tra l’altro, in quanto legge non può essere superata in senso giuridico da una circolare. L’ANP (Associazione Nazionale Presidi) si è così espressa «si porrebbe un grave problema di carattere organizzativo, legato alla composizione delle classi ed alla regola della continuità, sia perché i bambini non sarebbero comunque protetti nei momenti di ricreazione e nei numerosi spazi comuni (mensa, palestra, bagni) e se ne violerebbe, di conseguenza, il diritto alla incolumità», sulla questione, nella quale era anche nata l’ipotesi di creare classi differenziate.
Milleproroghe
Per creare ulteriore disordine, come se non ce ne fosse già abbastanza, venerdì 3 agosto al Senato sono stati approvati due emendamenti, presentati da M5S e Lega (hanno votato contro PD, FI e FDI), al decreto Milleproroghe che rinviano l’esclusione dei bambini non vaccinati dall’iscrizione, per scuole dell’infanzia e asili nido, all’anno 2019/2020, facendo così slittare le tempistiche introdotte dalla legge Lorenzin. Questa mossa ha creato disordine anche nello stesso Movimento, in cui sono sorti alcuni malumori: la senatrice Elena Fattori, ex biologa, ha affermato «rispetto la scelta del mio gruppo ma per mia storia personale, professionale e dolorosamente di madre non posso fare altro che dissociarmi dal mio gruppo e esprimere un indignato voto contrario», dello stesso parere anche il deputato Giorgio Trizzino, ex chirurgo, il quale sostiene che «non si ritenga che per garantire l’accesso agli asili nido ed alle scuole materne si possa immaginare qualsiasi forma di deroga sull’obbligo a vaccinare i bambini». La senatrice Taverna non si è ovviamente fatta sfuggire l’occasione di esprimere, coerentemente con il suo stile, un parere fuori dal coro, per lei infatti lo scopo del rinvio è «permettere alle famiglie di vaccinare i propri figli in ambienti che siano in grado di accogliere i bambini, e non, come accade oggi, dove i centri vaccinali sono simili più a quelli dove si mandano le bestie». Attualmente gli emendamenti sono stati approvati solamente al Senato, mentre per la Camera dovranno attendere la ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, quindi almeno l’11 settembre.
Obbligo flessibile
Negli ultimi giorni il ministro Grillo ha poi sostenuto di voler introdurre un obbligo flessibile riguardo alle vaccinazioni. Il ministro ha poi spiegato «Si tratta di una proposta di legge della maggioranza parlamentare, in cui si spinge per il metodo della raccomandazione che è quello che prediligiamo da un punto di vista politico. Prevederemo delle misure flessibili di obbligo sui territori, quindi nelle regioni e nei comuni dove ci sono tassi più bassi di copertura vaccinale o emergenze epidemiche». Sostanzialmente, in questo modo, l’obbligo vaccinale scatterebbe solamente quando si creeranno situazioni di calo di copertura che lo potrebbero rendere tale, fino ad allora basterà rispettare le indicazioni nazionali e internazionali.