Love Will Tear Us Apart, again: 43 anni senza Ian Curtis

Sono passati 43 anni dalla morte di Ian Curtis, icona quasi-leggendaria del post-punk britannico degli anni ’70

La Joy (Division) non è per tutti
Stretford è un piccolo sobborgo nella Greater Manchester con meno di 50 mila abitanti: il suo nome deriva dall’inglese antico stræt (strada, più precisamente una strada romana) e ford (attraversamento di un corso d’acqua) e non lo si deve confondere con la ben più nota Stratford-upon-Avon, città che, invece, ha dato i natali a William Shakespeare. Stretford è la casa di Ian Curtis. Un poeta contemporaneo. Un musicista a tutto tondo, duttile ed eterogeneo. Con Shakespeare sono idealmente accomunati dalla passione per la poesia, i poeti: il primo con un amore di incommensurabile valore verso i classici, il secondo per i romantici di fine Ottocento. Ed è proprio qui che inizia la nostra storia, o meglio la storia di Ian Curtis, frontman dei Joy Division tra il 1977 e il 1980, cresciuto musicalmente a Macclesfield sotto le influenze rock di Jim Morrison, David Bowie e i Sex Pistols (ma in generale anche della musica punk). Appassionato soprattutto di storia, all’età di undici anni vinse una borsa di studio iscrivendosi alla King’s School di Macclesfield. Ciononostante non fu un allievo particolarmente studioso e, dopo aver lasciato la scuola, si dedicò all’arte, alla letteratura e alla musica, mentre, nel frattempo, svolse vari lavori come membro del servizio civile di Macclesfield e di Manchester. Sposatosi nella St Thomas’ Church di Henbury con la sua ex compagna di scuola Deborah Woodruff a soli diciannove anni, ebbero Nathalie Curtis come unica figlia (futura fotografa) della coppia. Il matrimonio durò dal 1975 al marzo 1980, quando Deborah, scoperta la relazione del marito con la giornalista belga Annik Honoré, chiese il divorzio. Sofferente di epilessia fotosensibile, Curtis comprese negli ultimi anni della sua brevissima vita che la sua malattia era diventata per lui un peso insostenibile e fu per questo che intorno ai vent’anni iniziò a soffrire anche di depressione cronica, che lo portò poi al suicidio a ventitré anni.
(He Lost) Control
Il 18 maggio 1980, Curtis si impiccò a una rastrelliera nella cucina della propria casa situata al numero 77 di Barton Street, a Macclesfield. Un meraviglioso film biografico che lo ricorda (Control), diretto da Anton Corbijn, afferma che prima di compiere il gesto che mise fine alla sua vita Curtis guardò il film La ballata di Stroszek di Werner Herzog e ascoltò l’album The Idiot di Iggy Pop. Sulla lapide è riportato il suo verso più famoso: Love Will Tear Us Apart (L’amore ci farà a pezzi, tratto dalla più nota canzone dei Joy Division).

Il lascito di Ian Curtis
Alla morte di Curtis, avvenuta alla vigilia della prima tournée negli Stati Uniti dei Joy Division, seguì la ricostituzione del gruppo con il nuovo nome: New Order. Come da accordo tra i membri dei Joy Division, tale nome sarebbe stato scelto nel caso in cui qualche componente avesse abbandonato la formazione. Enorme è stata l’influenza dei Joy Division (e, pertanto, di Ian Curtis) nella cultura giovanile degli anni Ottanta e Novanta. Gli U2 hanno dedicato a Curtis la canzone A Day Without Me dal loro primo album Boy, che venne pubblicato di lì a pochi mesi dalla sua morte, mentre i Cure dedicarono al cantante suicida il primo brano del loro terzo album Faith il cui titolo è The Holy Hour. In un periodo di attività musicale durata soltanto tre anni, Curtis e i Joy Division squarciarono definitivamente il mercato della new wave e del post-punk britannico: con i loro testi decadenti e malinconici, Unknown Pleasures (l’album di debutto) e il successivo Closer (pubblicato un anno dopo, nel 1980) sono degli album catalogati come pietre miliari indiscusse: il primo addirittura classificato al ventesimo posto tra i 100 migliori album di debutto di sempre, secondo Rolling Stone. La musica britannica, senza Ian, non sarebbe stata la stessa di oggi. Grazie Ian per ricordarci che l’amore, in un modo o nell’altro, nel presente o nel prossimo futuro, ci farà sempre a pezzi; di nuovo, come accaduto in passato.