Torna Clavdio e lo fa con la sua personale Guerra Fredda (riscaldata un po’ al microonde)

È uscito il secondo, atteso, album di Clavdio. Dopo l’esplosione con Togliatti Boulevard, Guerra Fredda ci sarà piaciuto?

Clavdio è tornato
L’album inizia con un elogio ad una cittadina di duemila abitanti in provincia di Messina: Letojanni. Clavdio ci chiede e si domanda: “Dove ci eravamo lasciati?”. Il cantautore romano lo avevamo lasciato dopo l’esplosione con Togliatti Boulevard, il suo primo, acclamato, album datato 2019. I singoli Cuore e Ricordi avevano proiettato Clavdio verso la dimensione degli artisti indie più promettenti, prima di una lunga pausa. Pausa di riflessione, di riorganizzazione d’idee. E poi esce Guerra Fredda. Dopo una “crisi missilistica di Cuba” esistenziale, arriva sul finire del 2022 questo album, un fulmine a ciel sereno o, meglio, una freccia scagliata in pieno petto. Il nostro.
Letojanni e lo stesso singolo (unico che ha anticipato l’album di otto pezzi) Freccia fanno entrare in un’atmosfera tra lo scanzonato e il nostalgico. Un Clavdio sicuramente maturo, più maturo rispetto ai “gloriosi” sound di Nacchere, che si improvvisa poeta itinerante, con direzione cuore infranto.
“Chi ce la fa?” è il refrain di Freccia e non abbiamo ancora una risposta ben definita a questa domanda. Forse ce la offre il brano successivo: Asfalto.
Ma, alla fine, qualcuno ce la fa?
Asfalto pare iniziare proprio come le due precedenti, ma poi un ritornello interessante fa da corredo ad un brano azzeccato. Un sound che appare una Oroscopo di Calcutta degli anni ’20 ma che poi prende totalmente un’altra direzione, chiudendo la narrazione cantata con un “Non so cosa dirti…” che ci fa pensare che nemmeno Asfalto risponde alla domanda del “Chi ce la fa?”.
È Ogni Giorno che ci dà la risposta, se non definitiva, ma una che ci piace pensare sia quella azzeccata: “Cerca di vivere ogni giorno come se fosse diverso”. Ed è così. La canzone più poetica dell’intero lavoro, arrangiata in modo stupendo con un tripudio di archi in sottofondo. Clavdio offre una sensibilità musicale mai provata e sperimentata prima, condivisa con i suoi fruitori storici che potrebbero restare leggermente spiazzati da questo suo cambio. È frutto di un lavoro non dichiaratamente concept ma se vogliamo molto più coeso del precedente. Cercare di vivere ogni ora come se fosse diversa è l’appello al superamento della noia, probabilmente anche dovuto a un disco un po’ figlio della pandemia e della restrizione forzata in casa.
Guerra Fredda: possibili conclusioni
L’unico featuring del lavoro arriva esattamente a metà ed è Graminacee con Malika Ayane. Un duo inedito, una canzone propriamente pop che ci ha convinto, tranne, forse, per l’ultimo ritornello che allunga eccessivamente una canzone che poteva essere chiusa un po’ prima.
Dall’inizio dell’album, comunque, abbiamo un crescendo di suoni molto evidente: dal nichilismo cantato in Letojanni e Freccia arriviamo a toccare vette sonore in un duetto in Graminacee, per poi arrivare ad un chitarra e voce tipico del primo Clavdio con Davvero davvero. Wikipedia e Dovremmo fare sport chiudono il lavoro, forse dei brani che si ripetono un po’ tra loro, simili per vocalità e costruzione. Da notare comunque, il fatto che venticinque minuti per un disco sono effettivamente pochi, ma non tanto per la quantità in sé del minutaggio, ma perché realizzare un album così, dopo tre anni di silenzio, è un’operazione difficile e pericolosa. In generale Clavdio riesce positivamente nell’operazione, ma forse nel finale si perde un po’, sia in fatto di armonie proposte che di idee testuali.
Resta il fatto che non si cercava la hit da radio, da far ballare tutti: non era questo l’intento di Guerra Fredda. Ed è un bene. Dopo tre anni e mezzo, Clavdio è maturato, i brani ballabili appartengono ad un passato in cui comunque rimane aggrappato ma prova ed evolversi e ci è riuscito bene. Un album godibile, per cominciare l’anno con un po’ di nostalgia.