A salvare l’alternative rock ci hanno pensato gli alt-J a Parigi

Siamo stati al concerto del trio inglese nella suggestiva location di Le Zenith e la band non ha deluso le aspettative

Gli alt-J fino a qui: un piccolo recap
Che gli alt-J dal vivo fossero un gruppo particolare non ce ne accorgiamo di certo oggi, nel 2022, con quattro album all’attivo, uno più differente dell’altro, ma con un filo conduttore comune e comunicante: la profondità musicale. Il gruppo composto da Joe, Gus e Thom ha girato tutta l’estate per i vari festival in giro per l’Europa, prima di una breve pausa, per poi ri-tuffarsi nuovamente in tour nei palazzetti “invernali”, che in Italia ha toccato la sola Milano. Noi siamo stati alla data di Parigi, nella suggestiva cornice di Le Zenith, un auditorium che ogni amante della musica dal vivo (che alcuni osano chiamare “concertari”, ma non ci spingiamo ancora così all’estremo) deve visitare almeno una volta nella vita.
Il freddo in quel della Ville Lumiere si faceva sentire, perciò porte aperte dalle 18:30 e un’ora dopo, dalle 19:30, apertura affidata a Lydsten, artista poliedrico, salito in solo sul palco, capace di miscelare caldo e freddo, naturale e minerale, la techno contrapposta ai sintetizzatori e a melodie più eteree. In qualche modo ha scaldato, con il suo mood particolare, il pubblico (accorso sold out alla data) che ha ricambiato con un affetto importante.
Messe da parte le radici scandinave di Lydsten, era tempo di alt-J, ma non prima di una buona birra chiara da mezzo litro.
L’attesa è finita
Rientriamo nel parterre, con una birra ben salda tra le nostre mani, e parte Hey Boy, Hey Girl dei Chemical Brothers. “Here we go!”, è il ritornello che fa da passerella per l’ingresso dei tre. Neanche una parola e si parte: serata fredda, bevanda (meglio se birra) ghiacciata e attacca Bane con il suo caratteristico inizio: “Cold and sizzling…”. Proprio quello che ci voleva. Il pubblico viene ringraziato della sua presenza soltanto dopo quattro-cinque pezzi, il che potrebbe far pensare ad una mancata presenza scenica sul palco, ma non è esattamente così. Gli alt-J sono un gruppo silente che fa chiasso, ma un rumore poco assordante, che durante i pezzi ti lascia pensare, poiché le melodie te lo permettono. Una sensazione di relax generale la si è avuta con la triade Tessellate, U & ME e Matilda, due dei tre brani appartenenti al capolavoro opera prima An Awesome Wave, da cui gli alt-J, anche se a distanza di ben 10 anni dall’uscita, pescano ancora a piene mani. Lo fanno bene, ci riescono meglio e con cognizione di causa rispetto anche al tour precedente di qualche anno fa.
Non mancano comunque nuovi innesti: Chicago e Philadelphia, su tutte. La prima è un climax ascendente che passa dall’acustico all’elettro-dubstep più spinta senza per questo mai snaturarsi, la seconda è probabilmente il brano più bello che si possa ascoltare dal vivo del loro nuovo album The Dream. Unica nota leggermente negativa, la mancanza in scaletta di Get Better, la vera ballad emozionante dell’intero ultimo lavoro. Probabilmente per scelta “tecnica” (crediamo che non c’entrasse troppo nell’attuale scaletta che propone il trio in live) è stata rimossa e rimpiazzata da un inedito: Montreal. L’effetto, al primo ascolto, che ci ha fatto il brano non è stato dei migliori, ma dovremmo aspettare sicuramente il suo formato in studio per goderne meglio di tutte le sue sfaccettature di suono.
Cosa ci hanno lasciato Joe, Gus e Thom
Questo perché agli alt-J, a differenza di molte band attuali ossessionate con il lancio del singolo a tutti i costi ogni anno, va dato del tempo. E se l’attesa significa prepararsi anni per un concerto/tour di assoluto livello come quello cui abbiamo assistito noi a Parigi, allora ha senso attendere. Alla freneticità della vita, Gus, Thom e Joe preferiscono viaggiare su una loro lunghezza d’onda, quella che gli si confà di più, il loro vero territorio in cui riescono a esprimersi meglio, a trasmettere calma e pacatezza, ma anche adrenalina, come accade con le versioni dal vivo di Fitzpleasure, Taro (con un tapping notevole nell’assolo), Left Hand Free, il bis con Hard Drive Gold (qui pubblico veramente e definitivamente scatenato) e il cavallo di battaglia Breezeblocks.
Menzione assoluta d’onore per The Gospel of John Hurt e Nara, entrambi i brani appartenenti al secondo album This Is All Yours, anno domini 2014, ma che dal vivo sprigiona ancora tutta la sua potenza evocatrice. Il testo di John Hurt arriva dritto al petto e ci fa aprire di gioia i nostri cuori, mentre con Nara a giovarne è sicuramente la nostra anima, che trova uno spirito guida degno di essere chiamato così. Nara è quel qualcosa che ti accade poche volte nella vita, così come ascoltarlo dal vivo e dobbiamo soltanto ringraziarli per aver realizzato una tra le più belle ascensioni musicali che si possano ascoltare dal vivo che culmina con: “Love is the warmest color”.
È proprio vero che l’amore è il colore più caldo, ma anche gli alt-J, che ti cullano per due ore con le loro melodie, sono uno tra i colori più belli e tiepidi mai messi a fuoco dall’essere umano.