Firenze Rocks, giorno due: il riassunto della giornata

Un cartellone da far invidia ai migliori festival estivi: Green Day, Muse, Red Hot Chili Peppers, Metallica. In più, altri tre gruppi (al giorno!) di supporto ad aprire i live di questi quattro mostri sacri della musica rock internazionale. Questo è stato il Firenze Rocks.
Noi siamo stati alla data dei Muse, tra piacevoli scoperte (The Ramona Flowers e The Mysterines) e incredibili conferme (Placebo) e questo è il riassunto della seconda giornata all’insegna del rock più puro.

Inizia il Firenze Rocks
Sveglia di buon mattino, attesa fino alle 12, quando vengono aperti i cancelli del Firenze Rocks per il secondo giorno consecutivo. Un caldo torrido, compensato dai getti di nebulizzatore sul pubblico fino all’arrivo delle 16:45, quando il palco fiorentino, già caldo causa temperature molto alte, si infiamma per dare il benvenuto ai Ramona Flowers. Il gruppo inglese, nativo di Bristol, formato da una incredibile voce formato live di Steve Bird, una chitarra pesante (Sam James), un basso prepotente e preciso (Wayne Jones), delle tastiere che concedono interessanti variazioni (Dave Betts) e una batteria martellante a firma Ed Gallimore, illuminano il Firenze Rocks, presentando una scaletta di una dozzina di brani con tutti inediti meno due, nonostante all’attivo, oltre a due EP, abbiano comunque due album. I Ramona Flowers, però, intendono portare sul palco le novità, quali California, un singolo molto interessante che nella sua dimensione live diventa praticamente un inno.
Dopo l’ottima performance dei nativi di Bristol, è tempo dei Mysterines, con Lia Metcalfe voce e chitarra principale del gruppo. Presentano il loro ultimo lavoro e danno pepe (se ce ne fosse bisogno) al pubblico già infiammato del parterre. Unica pecca, forse, le potenzialità di variazione compositiva: alla lunga, il gruppo inglese potrebbe stancare, sintomo di un ancora acerbo trattamento dei suoni, che ci aspettiamo possa migliorare in futuro.

I Placebo sono ancora una band da tripla A
Attesa spasmodica, invece, quella per i Placebo, che, al crepuscolo, salgono sul palco. Brian Molko è un trascinatore e la sua figura androgina aiuta a catalizzare tutte le attenzioni verso un gruppo che chiamarlo “di spalla” è un paradosso. Partono con Forever Chemicals, il nuovo singolo della band, ma ce n’è per tutti i gusti, in una scaletta ricchissima. Suonano 16 pezzi, per un’ora e dieci di concerto, tra emozionanti ritorni (Sorrounded by Spies, Infra-Red, Special K) e mancanze inaspettate (non c’è Every You, Every Me in scaletta!). La chiusa ad effetto è affidata alla cover di una canzone tornata di moda dopo essere stata ripetuta ossessivamente nell’ultima stagione di Stranger Things: Running Up That Hill. Molko e soci l’avevano coverizzata anni fa, col sentore (e hanno avuto ragione) che un pezzo del genere potesse ritornare in auge un giorno o l’altro.

I Muse chiudono il secondo giorno di festival: riflessioni finali
E poi i Muse. Il trio di Teignmouth non delude e presenta ben quattro singoli del nuovo album in uscita il prossimo 26 agosto. Will Of The People apre le danze e l’inedita (perché ancora non è uscita come singolo, è un’esclusiva per chi ascolta i concerti estivi della band) Killed or Be Killed fa tornare alla memoria i Muse dei primi anni Duemila. Lo show è di alto livello, Bellamy, Howard e Wolstenholme sanno come realizzare un concerto impattante e tutti i singoli (e non solo) di successo ci sono. Ottima la scelta di piazzare qua e là anche delle b-sides per i veri intenditori del gruppo: The Gallery e Nishe sono delle perle da ascoltare a tutto volume, che incantano il Firenze Rocks. Lascia sbigottiti anche Citizen Erased, un pezzo datato 2001 che ancora riesce a creare un enorme hype tra il pubblico.
In generale il giorno due del Firenze Rocks vince sotto tutte le aspettative (meno, magari, per quanto riguarda i prezzi di un bene necessario come l’acqua: €8 a bottiglietta, decisamente troppo elevato), il festival è in una posizione strategica e non si sente mai quell’attesa lunga tipica dei concerti dei grandi gruppi: l’idea di intercambiare sul palco ben 4 band in una giornata è una scelta vincente, perché il tempo scorre, si vive e si respira rock e non vorresti mai andare via.