C’mon You Know di Liam Gallagher è la conferma che l’ex Oasis ha ancora tanto da dire

Dopo i due acclamatissimi successi del 2017 e del 2019, Liam si è preso un po’ più di tempo per realizzare quello che, normalmente, per una band, risulta essere arduo: il terzo disco. In effetti, dopo i “tormentoni” targati As You Were e la conferma definitiva con Why Me? Why Not., C’mon You Know poteva rivelarsi molto facilmente un rischioso esperimento da cui, però, Liam ne è uscito magistralmente bene.

Com’è… C’mon?
Rispetto ai due precedenti, non ha la stessa scorrevolezza, il che, inizialmente, potrebbe rappresentare un punto di demerito. In realtà, C’mon You Know si lascia ascoltare molto bene e per la ricchezza di suoni permette anche di essere riascoltato più e più volte senza per questo stancare. Innovativa e che lascia di stucco è sicuramente la traccia d’apertura: More Power. Con un coro di voci bianche, si apre un album caratterizzato più da sonorità rock che alternative, pur restando entro i confini, pur labili, di questi due macro-generi. I veri colpi da maestro sono, comunque, Diamond In The Dark, Everything’s Electric e The Joker, degli inni musicali subito riconoscibili e orecchiabilissimi.
Discorso a parte per Too Good For Giving Up
Un intero paragrafo ce lo riserviamo per Too Good For Giving Up, un brano magistrale, suonato alla perfezione. Questa ballad che avversa tutti i problemi della vita e te li mette di fronte di modo che tu li possa affrontare con tutto te stesso è un climax ascendente di emozioni, che trainano l’ascoltatore verso nuove e positive dimensioni. “Tomorrow’s waiting down the line/It’s getting late, but there’s still time” si candida come il verso più bello di tutto il disco, perché racchiude entro di se le difficoltà di questi due anni carichi di imprevedibilità, il senso di straniamento tipico di alcuni testi di Liam e gli archi che ci cullano mentre il cantante di Manchester intona queste parole.
C’mon You Know: giudizio finale
Il terzo album di Liam ci ha colpito; decisamente. Non solo per la capacità, ormai a tutti nota, del cantante di potersi rimodellare costantemente su binari nuovi ma che mantengono sempre qualcosa di “già sentito”, ma anche perché Liam a questo giro ha rischiato, mettendosi veramente in gioco. Mentre con i primi due album la ricerca del sound e di groove più difficoltosi era un attimo lasciata da parte per favorire easy listening e ritornelli catchy, a questo giro, con C’mon You Know, Rkid ci dimostra che ha ancora qualche cartuccia da sparare: il disco si propone come il suo album più sperimentale e variegato, figlio di una maturazione artistico-personale e di una voglia di mettersi in gioco che, in un certo senso, sembravano quasi inaspettate a questo punto della carriera.
E allora sì, anche grazie a questo terzo lavoro, Liam si è meritato due date sold out a Knebworth, dopo la sua prima volta nel 1996.
La seconda vita del “Nostro” è qui.