Recensione – ComeB(l)ack Keys, ovvero il ritorno del duo con Dropout Boogie

A metà maggio, un po’ passato in sordina, è uscito il nuovo album dei The Black Keys, duo americano con Auerbach alla chitarra e Carney alla batteria.
La loro ultima fatica si chiama Dropout Boogie e questa è la nostra recensione.

In che modo parlare dei Black Keys nel 2022?
Con un periodo di attività musicale ormai più che ventennale, i Black Keys hanno portato il genere punk-blues verso nuove sonorità e vette: ci hanno abituato al loro stile con capisaldi iconici quali Brothers ed El Camino, siamo stati cullati dalle note progressive in Turn Blue, siamo rimasti piacevolmente colpiti dal loro inaspettato ritorno nel 2019 con Let’s Rock e adesso, qualche domanda (lecita), ce la poniamo, dato che all’annuncio di Dropout Boogie abbiamo avuto un piccolo sussulto.
Perché ascoltare i Black Keys nel 2022 significa fare un piccolo sacrificio e tornare ad intendere la musica “come una volta”: con pezzi senza per forza un’unità o un concept comune in mente, ma slegati, come ad un live. È proprio la dimensione del live che è quella preferita da Carney-Auerbach, perché li rende loro stessi e le registrazioni (probabilmente in presa diretta, ma non abbiamo conferme su questo) di Dropout Boogie ne sono un’ulteriore conferma: alla band piace farsi sentire, quel “loud kids” che è anche slogan del loro gruppo di fedelissimi fan.
Come suona Dropout Boogie?
Bene. E anche molto. Il rischio di noia è pari allo zero perché brani stile Wild Child (vera hit e singolo del lavoro) o How Long sono pensati, ragionati, con scale e progressioni di note assolutamente non casuali. Nota di merito anche per It Ain’t Over, uno dei quei brani che inizialmente passa in sordina, ma con il tempo riesce ad entrarti nella testa con quel motivetto super catchy. Da notare anche un featuring, l’unico dell’intero album, con Billy F. Gibbons, chitarrista e voce dei memorabili ZZ Top, che si è prestato per suonare Good Love, il brano che abbiamo individuato come manifesto programmatico di Dropout Boogie: “A good love is hard to find”, “A good love is hard to feel” e la chiusa con “…But good love is hard to know” è un chiaro amore non solo ad un’ideale donna amata, ma anche all’amore nei confronti per la musica, soprattutto quando (e qui i Black Keys insegnano) le ispirazioni cominciano a mancare.
I Black Keys sono tornati grandi
Perché ai Black Keys piace fare rumore, piace il suono analogico della musica, quello vero, viscerale e te lo fanno capire e sentire in tutte le salse. Dropout Boogie è la risposta a chi diceva fossero finiti, a quelli che dopo Delta Kream del 2021 (ottima rivisitazione di brani anni ’60-’70 della scena americana) affermavano non fossero più in grado di realizzare un album di livello. Dropout Boogie è la risposta, ma soprattutto la risposta sta anche nella copertina: Dan e Patrick intenti a fare due lavori, umili, con il senso e la voglia di urlare a tutto il mondo: “I Black Keys sono tornati. Possono far di tutto. Per ora, quello che sappiamo fare bene è suonare, perciò, godetevi lo show.”
Ci rivediamo presto Dan e Patrick, non fate che adesso scappate per tanto tempo. Servite alla musica.