Recensione – Belvedere di Galeffi è, ad oggi, la sua opera più completa e matura

Dopo il mezzo passaggio a vuoto con Settebello, uscito, purtroppo, in piena pandemia, Galeffi torna, due anni dopo, con Belvedere. Due anni che hanno permesso a Marco di scrivere e scrivere, sempre più, per poi confezionare un’opera molto interessante. La prima impressione che ci ha dato è stata l’aver raggiunto finalmente una sua personale e propria maturità. Già l’avevano notato fin dai primi due singoli usciti: Appassire e Due Girasoli. Galeffi non è più quello di Scudetto e, forse, molto probabilmente, è anche un bene. Perché Scudetto dal vivo viene cantato e per dargli variazioni sul tema c’è proprio questo nuovo lavoro molto innovativo: Belvedere.
Andiamo ad analizzarlo assieme.

I primi tre brani di Belvedere sono il riassunto dell’intero lavoro
Uno sguardo innocente ma consapevole sul mondo post-pandemico, con il suo solito fare melanconico e veritiero. Così è Un sogno, prima del risveglio; il torpore del dormiveglia. L’apertura del disco è confezionata in modo ottimo, con addirittura l’utilizzo sensuale di una fisarmonica, strumento difficilissimo da inserire in un brano, figurarsi in uno definibile “indie pop”. Dolcevita, invece, ci fa direttamente volare negli anni Ottanta, con i suoi tipici sintetizzatori. Un Galeffi vero, che si mette a nudo, che sembra voglia mostrare quando di buono ha imparato in due anni, soprattutto di studio musicale. Sì, perché Belvedere è il manifesto di uno studio certosino della musica italiana e, a tratti, internazionale riadattato alla voce di Marco. È un turbinio di “già sentito” ma in senso assolutamente buono: sono piccole finestre, piccoli quadretti impressionisti che ritraggono delle canzoni studiate, ragionate e con un significato vero da raccontare. Un altro elemento del “nuovo vecchio Galeffi”: un ragazzo diventato adulto ma pur sempre riconoscibile. Più consapevole, amante delle melodie complesse, piene, cariche di sonorità, slegato sia dal chitarra e voce “povero” di Scudetto, sia dalle “schitarrate” tipiche di Settebello. È un Marco diventato grande, dicevamo, sia dal punto di vista della scrittura che del canto. Non è un caso, ma i testi prendono forma assieme ad una voce mutata in meglio, che raggiunge vette importanti (ascoltare Asteroide per credere).
Anche i singoli sono delle tracce veramente ben riuscite
Anche le storie narrate sono meno adolescenti e più vissute. O meglio, con un racconto alle spalle nel quale si nota che ha fatto tesoro delle esperienze pregresse per poi riversare la maturità in questo terzo album. Probabilmente anche influenzato dal cambio dell’etichetta discografica (Belvedere, infatti, non è targata Maciste Dischi), Leggermente e In Questa Casa sono l’esempio più lampante di come Galeffi abbia completato un percorso e, allo stesso tempo, ne abbia aperto un altro, ad oggi, molto stimolante. Un pensiero a parte dobbiamo lasciarlo a Divano Nostalgia, vero brano spartiacque del disco: un pezzo che è una ballad anni ‘70, con una spruzzata di pop e rhythm & blues. Se mai dovessero chiedervi di riassumere Belvedere, sicuramente partire da Divano Nostalgia potrebbe essere un buon inizio.
Paure per il futuro?
Un appunto va fatto: il pericolo è quello che Galeffi non sia all’altezza, in futuro, di realizzare un album così maturo e veramente ben pensato. Ma, d’altro canto, che fretta c’è? Noi ce lo godiamo al 100%, perché Galeffi ha sfornato un terzo album di livello, sia a livello di sound che di brani cantati, e non può che farci più che piacere, dopo quel giro a vuoto, che forse, alla fine, ha portato anche a riscoprire se stesso per quello che è: un cantautore intelligente, che non si pone confini di genere e spazia… fino ad arrivare dritti ai nostri cuori; spesso e volentieri infrangendoceli ma con quella sua caratteristica bontà che lo contraddistingue.