Recensione – Skinty Fia dei Fontaines D.C. è l’apice del post punk del XXI secolo

“La dannazione del cervo” non è proprio un’espressione nota in Italia. Ma se questo grido lo traduciamo in gaelico, lo inseriamo in una cornice unica come quella britannica e dell’intenso (chiamiamolo, democristianamente, così) rapporto che scorre tra inglesi e irlandesi, nasce il terzo album dei Fontaines D.C., dove le due ultime lettere puntate stanno proprio per Dublin City, come a voler rimarcare una territorialità perduta.
Skinty Fia: il terzo album della band irlandese
Ma come suona questo nuovo lavoro della band? Bene, molto. Una miscela tra Cure, Smiths, Joy Division, Primal Scream e Echo & The Bunnymen, che dà un vigore post-punk ad un’anima leggera, quella dei Fontaines D.C., che sembrano veramente non sbagliare un colpo.
L’album è un quasi-concept, ispirato alla storia reale di una donna irlandese, a cui, un paio d’anni fa, la chiesa anglicana ha negato di mettere In ár gCroíthe go de sulla propria lapide. Vuole dire semplicemente “nei nostri cuori per sempre”, ma scritta in gaelico sarebbe stata interpretata come una vera e propria “provocazione”. E allora… Skinty Fia. In onore del cervo gigante irlandese, oramai estinto. Animale-cimelio, un ricordo di una territorialità e di una peculiarità irlandese che sta via via perdendosi in un mondo sempre più globalizzato.
Perché non è un disco come gli altri
Skinty Fia non passa e non può passare inosservato perché oltre ad essere un disco rock suonato in piena regola (e sottolineiamo suonato, perché ad oggi ce n’è bisogno) è una rivendicazione d’intenti. È quel famoso grido iniziale che spacca l’impianto hi-fi del tuo stereo, quel brivido che ti corre lungo la schiena e ti fa alzare in piedi. Finito l’ascolto sei pronto a combattere una guerra (giusta?) contro il vicino britannico a colpi di chitarre e assoli interminabili.
Gigante, in questo album, risulta essere il basso di Conor Deegan III, viscerale in tutte le tracce. Una parte importante è la melodia, a tratti eterea, della già citata In ár gCroíthe go deo, Roman Holiday, I Love You o la title track Skinty Fia, vero gioiellino dalla durata di quattro minuti.

Cosa ci lascia Skinty Fia?
Skinty Fia è sinonimo di libertà incondizionata da schemi (in primis, musicali e stilistici), libertà nel mostrare chi realmente si è senza avere preoccupazioni di sorta, perché con l’ascoltatore, accanto a lui, viaggiano i Fontaines D.C., amici fedeli, perché non ti abbandonano nei momenti di difficoltà. Sono irlandesi; hanno la pelle dura.
C’è da dire che il terzo disco non è un miglioramento o completamento dei precedenti (anch’essi molto belli), bensì un vicolo, una strada alternativa percorsa dalla band (che, speriamo, possa portarci molto lontano) che apre a nuovi e possibili scenari. Un album così non nasce dal nulla e, soprattutto, non nasce tutti i giorni. Devi essere addestrato e addomesticato all’ascolto della band, perciò consigliamo, a chi ancora non li conoscesse o avesse ascoltato poco, di partire con gli album in ordine cronologico per arrivare così soltanto alla fine con Skinty Fia, vero coronamento di un percorso, ad oggi, triadico.
Per un album che nel tempo potrebbe rappresentare già il “classico album post-punk degli anni ‘20 del XXI secolo” o di quelli che comunque ci ricorderemo in futuro, faremo ascoltare ai nostri nipoti quando sarà tempo e insegneremo loro che dire “Skinty Fia” è un imperativo morale. Una strada da seguire.
Un disco bellissimo.