Tecnicismi di guerra
Attraverso un’intervista ad un ex Osservatore nei territori che ad oggi sono gli scenari principali del conflitto cercheremo di fare luce su alcuni punti passati, presenti e futuri della guerra in atto tra Israele ed Hamas.
Un attacco come quello sferrato da Hamas non è un’operazione pianificabile in poche settimane specie ad una nazione preparata come quella di Israele. Quante e quali sono le reali responsabilità del Mossad e quale potrebbe essere stata la strategia vincente di Hamas?
Per poter parlare di responsabilità da parte del Mossad bisognerebbe sapere se le attività preparatorie di Hamas siano loro sfuggite o quantomeno sotto valutate oppure, se qualcosa ha impedito loro di porre in essere quelle azioni preventive che sempre hanno caratterizzato l’applicazione del principio di auto difesa del popolo israeliano.
Personalmente tenderei ad escludere che la pianificazione e l’organizzazione di un’azione così duratura e complessa (che inevitabilmente presuppone interazione tra diversi attori dentro e fuori dai territori interessati), possa essere stata fatta in barba a quello che certamente è uno dei servizi più efficienti, integrati e ramificati del pianeta.
In questo contesto non parlerei di strategia vincente di Hamas ma al contrario di un uso strumentale del movimento.
Azioni terroristiche che comportano morte e distruzione indiscriminata non possono essere considerate come strategie vincenti poiché generano un immediato ed effimero entusiasmo esclusivamente tra gli esecutori materiali dell’atto terroristico e tra coloro che lo hanno ideato. L’enorme mole di notizie alle quali tutti oggi possono più o meno accedere generano nella popolazione incertezze e dubbi per le difficoltà legate al martellamento mediatico ed alla incessante manipolazione delle narrazioni. In questo quadro l’ideologia, il credo gli atavici rancori certamente nell’immediato posso determinare una certa propensione iniziale alla condivisione del gesto il quale, tuttavia, tende rapidamente a lasciare il posto all’elemento razionale strettamente legato alla valutazione ed agli effetti reali prodotti generando un potenziale calo di consenso.
Appare quindi difficile credere che, chi pianifica dette azioni non sia pienamente consapevole delle conseguenze e che queste, certamente, non rappresentano l’interesse e la volontà della popolazione sulla quale inevitabilmente ricadono gli effetti delle reazioni israeliane.
Proprio per questo, ora per Hamas è fondamentale raggiungere un pieno successo nelle trattative per la liberazione degli oltre 5000 prigionieri palestinesi detenuti in Israele in cambio degli ostaggi catturati il 7 ottobre in modo da poter giustificare il sacrificio richiesto alla popolazione di Gaza.
Il fallimento di questo obiettivo indebolirebbe notevolmente la credibilità del movimento ed inoltre potrebbe condurre a massicci interventi militari israeliani su tutta la striscia di Gaza fino al confine egiziano.
La possibilità che il vero mandante dell’attacco sia l’Iran secondo lei è reale?
Il supporto economico, addestrativo e di equipaggiamenti fornito ad Hamas ed Hezbollah in Libano, Gaza e Cisgiordania è stato più volte accertato ed ammesso non solo dall’Iran ma anche da altri paesi ivi compreso il ricchissimo Qatar. Tuttavia non è un segreto come le relazioni tra Israele e Iran siano costantemente al centro dell’attenzione internazionale per le continue reciproche dichiarazioni contenenti accuse e relative minacce di interventi militari paventate da entrambi i paesi e giustificati da necessità di prevenire attacchi diretti e/o indiretti sul proprio territorio (l’Iran ha più volte definito Israele come un cancro da estirpare ed Israele ha cercato e cerca in tutti i modi di impedire all’Iran l’acquisizione di capacità nucleare).
L’Iran comunque ha sempre cercato di evitare un suo diretto coinvolgimento limitandosi a tenere impegnate e divise le forze Israeliane attraverso il supporto fornito a gruppi terroristici in Libano, Siria e Palestina.
In questo contesto anche le stesse autorità militari israeliane non hanno, fino ad ora, accusato direttamente l’Iran di essere il mandante. Questo anche in considerazione del fatto che una regionalizzazione del conflitto non gioverebbe a nessuno dei due paesi e finirebbe con l’agevolare le mire di altri attori direttamente ed indirettamente già presenti nell’area.
Nuove frontiere della guerra: in che modo sta cambiando con la tecnologia avanzata la figura dell’analista e quello dell’intelligence?
In passato il primo problema da affrontare per valutare la migliore strategia per fronteggiare l’avversario era quello di procacciarsi “in situ” le informazioni necessarie per poter approntare delle strategie di azione in grado di prevenire, contrastare e/o aggredire il nemico nel suo punto più vulnerabile. Sia in questo processo di procacciamento informativo sia in quello della successiva analisi delle informazioni raccolte e delle conseguenti azioni da approntare, l’elemento centrale era rappresentato dalla diretta e materiale presenza fisica dell’uomo.
Successivamente con l’impiego in larga scala di dispositivi elettrici/elettrronici ivi compreso l’uso di computer, satelliti ed internet ecc.. le modalità di acquisizione delle informazioni hanno gradualmente portato ad una sostanziale diminuzione del numero degli operatori sul campo a favore di tecnici in grado di operare a distanza attraverso l’uso di dette tecnologie elettroniche.
Questo cambiamento metodologico ha comportato in incremento vertiginoso dei dati a disposizione ed una conseguente pressante necessità di sviluppare sistemi e software in grado di selezionare l’enorme mole di dati a disposizione ed estrare da questi le informazioni pertinenti da analizzare per identificare le azioni da attuare in funzione di uno specifico impiego/obiettivo.
In questo scenario i dati intelligence dai quali estrarre le informazioni sono a flusso continuo e l’analista svolge un ruolo fondamentale.
Attualmente entrambe queste figure intelligence ed analista hanno subito un profondo ridimensionamento essenzialmente legato all’impiego della c.d. A.I. (intelligenza Artificiale) ovvero di software ed algoritmi in grado non solo di svolgere dette attività in tempi estremamente rapidi (millesimi di secondo) ma anche di simulare scenari e testare la validità dei loro assesment rispondendo ed adattandosi ad eventuali mutazioni tattiche approntate anche esse in modo più o meno autonomo dagli algoritmi impiegati dall’avversario.
Gli enormi investimenti nel settore dell’A.I. lasciano facilmente presagire come entrambi questi settori siano destinati ad essere gestiti da algoritmi che dovranno contrastare altri algoritmi in una sorta di Algorithmic Warfare. Piaccia o no questo è un processo inarrestabile la cui velocità di espansione in tutti i settori dell’agire umano è tanto esponenziale quanto invasiva.
Già oggi moltissime risorse sono dedicate in modo specifico alla ricerca di politiche e strategie finalizzate all’identificazione di improbabili limitazioni impiego per questioni di carattere etico/morali ovvero per cercare di porre un freno ad un processo evolutivo comunque inarrestabile e che vede l’ A.I. sempre più al centro delle decisioni umane.
Stampa e propaganda; come viene manipolata l’informazione dai media tra ciò che avviene realmente nei territori di conflitto e quello che arriva sui nostri giornali e social?
Non credo esistano dei limiti nell’uso strumentale dell’informazione.
L’infinita varietà dei mezzi di comunicazione di massa ed il sempre crescente numero di piattaforme che offrono sevizi tipo social unitamente al pullulare incessante del numero delle agenzie specializzate nel “confezionamento” delle informazioni hanno di fatto assunto un ruolo determinante nella formazione della cd pubblica opinione che è alla base del consenso popolare.
Oggi quello che conta non è il fatto in se ma ciò che questo deve trasmettere a chi lo legge, ascolta o guarda in modo da contribuire alla formazione di una determinata opinione su fatti ed accadimenti specifici appositamente contestualizzati e supportati da correlate catene di organi di “informazione” che hanno il solo scopo di contrastare e confutare le diverse versioni degli stessi fatti, fornite dalle parallele ma opposte “Agenzie di informazione”.
Quello che realmente conta oggi è far passare il messaggio ed a nulla conta il suo livello di attendibilità o di aderenza alla verità. Infatti, specialmente nelle situazioni di conflitto, non sono pochi gli esempi di diffusione di notizie palesemente manipolate ma che una volta diffuse ancorché più volte smentite non riescono comunque a far cambiare il pensiero formato attraverso la notizia confezionata ad hoc ancorché successivamente non confermata o smentita.
Attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale è possibile dimostrare tutto ed il contrario di tutto in pochi minuti sostenendo ciascuna argomentazione con ogni sorta di supporto documentale riferimenti, citazioni, dichiarazioni ecc….
Per cui in situazioni complesse come quelle che necessitano di una condivisione generalizzata quali eventi catastrofici, guerre, pandemie ecc, il “fatto oggettivo” talvolta subisce, a seconda delle circostanze, una sorta di rielaborazione o manipolazione attraverso il quale viene trasformato ed opportunamente confezionato per essere metabolizzato come “verità inconfutabile”.
Il momento in cui la notizia vera e quella falsa saranno “fuse” ed indistinguibili l’una dall’altra è più vicino di quanto si possa pensare.
Per un istante usciamo dal conflitto mediorientale e spostiamo la domanda sul generale, come si combatte un’organizzazione militare strutturata come quella di Hamas?
Non credo esista una strategia assoluta che possa essere considerata come il metodo migliore per contrastare e/o combattere gruppi armati che agiscono in aree oggetto di rivendicazione all’insegna di valori identitari, di libertà ed autodeterminazione.
Coloro che scelgono di lottare per questi ideali normalmente non rispondono alle stesse regole di coloro che li combattono. Inoltre non dispongono di mezzi finanziari ed armamenti e tecnologie proprie in grado di poter competere in un eventuale scontro con armi convenzionali.
Per queste ragioni le loro azioni sono da assimilare non ad una guerra ma più tosto ad una pesante guerriglia. Tuttavia anche in questo scenario bellico limitato, la necessità di ricevere continuo supporto da parte esterna è indispensabile poiché, senza di questo, non solo verrebbero a mancare i mezzi per condurre le azioni militari ma anche, e soprattutto, le risorse per sostenere la stessa popolazione che li sostiene politicamente e che inevitabilmente è destinataria involontaria delle terribili conseguenze delle azioni militari siano queste definite atti terroristi e/o conflitti armati.
Ci sono caratteristiche comuni tra lo scontro Russia Ucraina e quello a Gaza?
In ogni conflitto è possibile trovare elementi comuni con altri scenari di guerra seppur di diversa ampiezza, modalità di svolgimento ed aree geografiche.
Al momento però la sola cosa certa che accomuna i due scontri in atto (Russia Ukraina e Israele Hamas) è la presenza di una parte ampiamente dipendente dagli aiuti esterni ed un’altra parte invece che, autonomamente e con proprie risorse interne potrebbe risolvere la disputa a proprio favore.
Per questo su entrambi i fronti è fortissima l’azione di disinformazione posta in essere dai contendenti per cercare di delegittimare ed ostacolare l’azione di supporto fornita dai paesi terzi alla parte avversaria. In questo campo per esempio la Russia ha più volte accusato Kiew di aver venduto ad Hamas le armi che gli sono state fornite dai paesi occidentali. Viceversa Kiew sostiene che queste affermazioni siano state confezionate “ad hoc” esclusivamente per cercare di scoraggiare i paesi che supportano l’Ucraina. Analogamente possiamo citare le conferme e le smentite che hanno interessato le notizie diffuse in merito alle stragi di bambini nel kibbuz Kfar Aza ed i missili sull’ospedale di Gaza.