Siria, uso armi chimiche: quali reazioni ci saranno?

Armi chimiche e repressione, questi sono le due questioni che caratterizzano la situazione in Siria. A pagare il prezzo più alto sono, ancora una volta i bambini, il direttore regionale Unicef per il Medio Oriente e Nord Africa, Maria Calivis, commentando le notizie delle ultime, ormai quotidiane stragi rivolte contro i civili ha affermato:
«Alcuni rapporti sulla Siria questa settimana sottolineano che i bambini stanno pagando prezzi terribili per il conflitto. I rapporti dei media sull’uccisione di massa nel villaggio di Hasawiya fuori Homs parlano di intere famiglie uccise in circostanze orribili».
Ciò che più preoccupa la comunità internazionale è però la questione armi chimiche, che come dimostrato e denunciato più volte sarebbero state già usate almeno in due circostanze nella città di Homs, la prima volta a fine dicembre 2012 per contrastare i ribelli. Una notizia questa che inasprisce ancora di più i rapporti fra il regime di Assad e le nazioni che stanno cercando di trovare una risoluzione a questo conflitto ma che allo stesso tempo, Usa in primis, avevano dichiarato che nel qual caso il regime avesse usato armi chimiche non avrebbero esitato ad intervenire sul campo. Fin’ora però nulla è successo e la Casa Bianca si è limitata ad affermare che l’uso delle armi chimiche rappresenta la «linea rossa», che Assad non si sarebbe dovuto azzardare a oltrepassare se non voleva scatenare una reazione, concreta, della comunità internazionale.
Intanto, su iniziativa della Svizzera, ben 55 Paesi hanno presenato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU una richiesta: portare a giudizio per crimini di guerra il regime di Assad. Subitanea la risposta, anzi la critica risposta del corpo diplomatico siriano:
«questi paesi si rifiutano di ammettere che la Siria stia solo difendendo il proprio popolo dalla minaccia terroristica proveniente dall’estero, agendo in modo menzognero e ambiguo».
Ciò che in realtà avviene in terra siriana è ben lontano da quanto detto dal corpo diplomatico di Assad, le parole di mons. Mario Zenari, che si trova a Damasco, dicono tutto:
«La situazione, purtroppo, da quello che vediamo e sentiamo anche con le nostre orecchie, va di male in peggio. Qui, a Damasco, sono quotidiane le esplosioni che si sentono, i voli aerei dei cacciabombardieri che si levano in volo… In altre parti del Paese è la stessa cosa. Direi che purtroppo è diventata una tragedia quotidiana, le esplosioni, gli attacchi… Purtroppo, la soluzione di questo conflitto sembra farsi sempre più ingarbugliata, con ogni giorno che passa: è molto difficile vedere la fine del tunnel».
Enrico Ferdinandi
20 gennaio 2013