«Spy Cables», Mossad vs Netanyahu nella questione nucleare in Iran
Gli «Spy Cables» sono centinaia di documenti riservati di agenzie di spionaggio internazionali nelle mani della «Al Jazeera’s Investigative Unit» e verificati con il quotidiano britannico «The Guardian»; all’interno sono contenute informazioni relativa al traffico di intelligence avvenuto dal 2006 al 2013, composte principalmente da documenti di corrispondenza tra i servizi segreti del Sudafrica e le altre agenzie mondiali, come CIA, Mossad israeliano, M16 inglese, l’Iran e altri servizi riguardanti Asia, Medio Oriente e Africa.
Questi «leaks» (fughe di notizie) denotano l’inadeguatezza dei servizi segreti nel tutelare le proprie informazioni e sottolineano quanto sia centrale il continente africano nello scenario di intelligence mondiale.
A differenza dei «leaks» di Edward Snowden, questi interessano principalmente la quotidianità degli agenti e dei circuiti dello spionaggio, e la difficoltà maggiore è stata appunto quella di selezionare i contributi più importanti, salvaguardando la vita degli agenti coinvolti nella pubblicazione dei dati.
Non tutti i documenti verranno quindi resi noti al pubblico, e la prima “bomba” sganciata nella serie di rivelazioni pubblicate è la smentita, da parte del Mossad israeliano, delle dichiarazioni del Primo Ministro Netanyahu fatte alle Nazioni Unite nel 2012 relative alla questione nucleare; una smentita risultante in un rapporto inviato al servizi segreti sudafricani solo qualche settimana prima di quell’intervento all’ONU.
Il Primo Ministro israeliano in quell’occasione aveva mostrato un documento secondo il quale il regime di Teheran sarebbe stato al 70% del completamento del piano nucleare, con l’arricchimento dell’uranio ormai alle porte; questa cosa stava pericolosamente avvicinando l’Iran alla costruzione di un’arma atomica e, per avvalorare la sua tesi, Natanyahu mostrava un disegno che evidenziava come la soglia del 90% fosse il punto di non ritorno in questo procedimento. Una minaccia quindi che non andava trascurata e nemmeno sottovalutata dal mondo intero.
Gli «Spy Cables» smorzano invece i toni apocalittici, evidenziando come le attività svolte dall’Iran non fossero in quel momento necessarie per costruire armi nucleari, constatando inoltre che gli esperti chiamati nel Paese sembravano plausibilmente lavorare «per colmare le lacune in settori che appaiono legittimi, quali i reattori di arricchimento».
Per il Mossad nell’ottobre 2012 l’Iran era in possesso invece di cento chili di uranio arricchito al livello del 20%. Una percentuale che sarebbe cresciuta se non fosse stato raggiunto nel 2013 un accordo con il «gruppo P5+1» (USA, Gran Bretagna, Russia, Francia, Germania e Cina) per smantellare e neutralizzare il materiale.
Il programma nucleare dell’Iran ha sempre destato sospetti, come da sempre è stata palpabile una preoccupazione generata dal fatto che il potenziamento non fosse per uso civile ma per scopi militari. Una tensione che più volte ha fatto temere una reazione di Israele al rischio nucleare iraniano. Una guerra fredda tra Israele ed Iran in un medio-oriente fortemente instabile su più fronti.
L’Iran ha sempre dichiarato apertamente, sia prima con Ahmadinejad che poi con il successore Rohani, l’odio per Israele, definendolo «un corpo estraneo da estirpare» e «ferita che va mondata» perché «non c’è posto in questa regione; una devastante tempesta sta per abbattersi su Israele per sradicare il sionismo».
Lo slogan insomma è «morte ad Israele», come quello di Natanyahu è «impedire che uno Stato che minaccia di distruggerci sia dotato di armi di distruzione di massa» perché gli obiettivi iraniani sono ottenere le armi nucleari per minacciare non solo Israele ma anche il Medio Oriente ed il mondo intero.
Questo primo atto degli «spy cables» riguardante la questione nucleare iraniana arriva mentre a Ginevra si svolgono i colloqui riguardanti questo tema tra John Kerry (Segretario di Stato americano) e Mohammad Javad Zarif (Ministro degli Esteri iraniano), alla presenza di Ali-Akhbar Salehi (Capo dell’agenzia atomica iraniana) e Ernest Moniz (Segretario americano per l’energia); uno dei nodi principali è stabilire il numero delle centrifughe che il Paese può avere e la sospensione delle sanzioni, al fine di arrivare ad un accordo definitivo che consenta all’Iran un arricchimento dell’uranio per uso civile e non militare.
La presenza dei due tecnici rivelerebbe quanto in questo momento pesi l’aspetto tecnico, con l’Iran disposto a trattare fino a che ci sarà rispetto nella negoziazione con una soluzione vantaggiosa per entrambe le parti, senza forzature e pressioni; Kerry non nasconde un persistere di «distanze significative», dichiarando l’intenzione di lasciare il tavolo dei negoziati se Teheran non aderisce ai termini dell’intesa che sottintende la rinuncia delle armi atomiche.
Paola Mattavelli
24 febbraio 2015