Boko Haram, la marcia del terrore si sposta in Camerun
YAOUNDÉ (CAMERUN) — Almeno ottanta le persone rapite, tra queste una cinquantina di bambini e ragazzini tra i dieci e i quindici anni. Tre le persone morte in seguito all’azione terroristica, un’incursione per prelevare esseri umani come fossero merce. Ai guerriglieri di Boko Haram non basta la Nigeria, si è capito da tempo. L’avanzata dell’estremismo islamico sta sconfinando, con nuove forze reclutate in Camerun, Ciad e Niger. Anche qui, come per l’ISIS, si fa uso di video e risorse online per esaltarsi, far proseliti e intimorire. Recentemente era stato diffuso un video in cui si minacciava il vicino Camerun, con il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, che si rivolge al presidente Paul Biya intimando il pentimento e la conversione ad Allah, pena violenza ed attacchi al Paese: «Vi consiglio di desistere dal vostro perseguire la Costituzione e la democrazia, che è anti-islamica».
Paul Biya è stato tra i primi a denunciare e condannare gli atti barbarici e le mire espansionistiche di questo gruppo terroristico; proprio per questa sua opposizione il Camerun è nel mirino di continue aggressioni. Come azione difensiva Biya aveva annunciato l’invio di un «importante contingente» dal vicino Ciad, come rinforzo dell’esercito del Camerun contro l’offensiva estremista; le prime truppe sono arrivate giovedì scorso. Ma Boko Haram non aspetta, anzi agisce come per sfida contro chi osa opporsi. Gli ultimi mesi hanno visto un aumento esponenziale di questi raid, con quello di oggi avvennuto, come fa sapere il Ministro dellInformazione camerunense Issa Tchiroma, di prima mattina a Mabass, nei pressi di Mokolo, confine nord del Paese. Ennesima distruzione seguendo quello che sembra essere un protocollo d’annientamento: interi villaggi razziati ed incendiati, vite umane distrutte e rapite. Le immagini del massacro di Baga, con i suoi duemila morti, ancora fresche, e un nuovo attentato kamikaze fatto scagliando una macchina imbottita di esplosivo contro una stazione degli autobus a Potiskum, nord-este della Nigeria, che ha causato sette morti e quarantacinque feriti proprio nelle stesse ore del rapimento di massa in Camerun, definito il più grande sequestro mai effettuato nel Paese.
Un’escalation di terrore che sembra avanzare indisturbata; solo negli ultimi trenta giorni sono morte duecentoquarantotto persone per mano di Boko Haram, con ancora duecentotrenta studentesse, fra quante rapite a Chibok, ad essere ancora trattenute dopo duecentosettantanove giorni dal rapimento. Un «conflitto brutale», come denunciato dall’alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), che preme e schiaccia, constringendo migliaia di nigeriani a scappare nei Paesi confinanti. Ma nemmeno lì si è al sicuro.
Paola Mattavelli
19 gennaio 2015